Manifesto francese di C'é Ancora Domani
La presenza di
C’è Ancora Domani nei cinema francesi ha creato ulteriore interesse sul film e più ancora i giudizi della critica transalpina hanno contribuito a formare un’identità ben precisa. Ripetiamo molto spesso che oggi nessuna cinematografia può permettersi di restare entro i propri confini e non confrontarsi con le opinioni degli altri. Diviene primario avere spettatori all’estero per capire fino in fondo quanto sia comprensibile e assimilabile a lungo raggio il linguaggio di un film,e la pellicola di Paola Cortellesi grazie all’enorme risultato italiano si è ritagliata un biglietto di presentazione che ha colpito gli spettatori francesi. Dirà Sophie Rosemont (
Rolling Stone),
”Conferisce una patina pop a questa storia sul dopoguerra diventata con 5 milioni di presenze,il più grande successo del cinema italiano da molti anni. La narrazione non si adagia sulle lacrime ma coltiva un senso tragicomico vicino alla Commedia dell'Arte”. La risposta al botteghino non sarà fugace lasciando tra l'inizio della primavera e la fine dell'estate una somma d’ingressi pari a 647.000 biglietti (160.000 a Parigi) piazzandosi provvisoriamente al trentaduesimo posto della classifica 2024.
C’è Ancora Domani parla di donne durante un anno in cui le storie con al centro la femminilità hanno sbancato. Sandra Onana del quotidiano
Liberation sembra assillata dal fatto.
“Sono tempi duri,quasi vessatori per gli spettatori che vengono incessantemente invitati ad andare al cinema come se frequentassero un corso di femminismo pop (Barbie e Povere Creature).Ma
ecco un altro film del tour de force in cui il patriarcato ha il suo posto e i buoni sentimenti fioriscono”. Il suo parere sulla pellicola é,”
Un oggetto film dalla sintesi e dal gusto incerto”: Sulla stessa onda l’opinionista di
Band a Part,Mary Noelle Dana,pare aggiungere distinguo e similitudini
.”Se sembra a prima vista collocato all’opposto dalla «Barbie» di Greta Gerwig,«C'è Ancora Domani» si pone come il suo più diretto antagonista”. Pauline Conradsson
(Le Parisien) pensa che
“Il film porta con sé un respiro,un'energia che fa molto bene,risalta un mix di leggerezza e drammaticità,le scene di violenza sono ballate,i personaggi ci fanno sorridere tanto quanto riescono a raggelarci”. L’accoglienza riservata che non ha eguali con altre produzioni italiane giunte in Francia va attribuita in primis all’ambientazione post bellica che fa riemergere il logo retrò. Una foto fascinosa e non sbiadita,all’estero costumi e abitudini della penisola restituiscono ancora un immaginario pittoresco,forse un po’stereotipato,di un paese che sembrerebbe restare immutabile. Questa è l’Italia che piace anche ai francesi contribuendo con ogni probabilità a dare il feeling più caldo al film. Lucie Chiquer,(
Première)
sfiora questo tasto,rilancia e rinnova con garbo il tema dicendo che,
”Nell’invocare il passato,la regista italiana ha creato un film toccante e attuale che risuonerà in ogni donna indipendentemente dalle generazioni”. Mentre Camille Brun,su
Télé 2 Semaines,definisce la storia
,”Un'opera prima sicuramente imperfetta ma che si rivela audace,sapiente e piena di guizzi”. Quando richiediamo assist agli opinionisti più esigenti,quelli che in Francia sono eredi di una tradizione critica molto sentita,le analisi sul film della Cortellesi avranno una svolta di metodi e interpretazioni. Prendiamo l’intervento di Hélène Frappat del magazine,
Les Inrockuptibles,uno dei più affermati sul versante culturale.
“E’ il film sul «
Gaslighting» (manipolazione psicologica violenta e subdola verso le persone)
che l'Italia aspettava? C’è ancora strada da fare per elaborare un discorso sulle influenze nefaste derivate dalla cultura cattolica,per smettere di condizionare i cittadini/spettatori dei quali l’Italia ci offre un esteso effetto”. Con alta probabilità non troveremo mai nella stampa italiana una così articolata forte disquisizione. Per certo Delia,la protagonista della storia,è tormentata da una vita oppressiva ma un messaggio ricevuto di cui non sapremo mittente e contenuto le ridona una silenziosa spinta. Questo stimolo diviene punto di avvio per la sua trasformazione e per lo stesso sviluppo del racconto,diverrà anche il centro di un’osservazione complessa,pertinente,mossa dai
Cahiers du Cinéma,celeberrima testata fondata dal grande André Bazin. Vincent Poli,punta con rigore ad un chiaroscuro di linguaggio.
”L’infelicità la costringe a reagire sollecitata dalla misteriosa lettera,ma Il «MacGuffin» si mostra molto pesante,tutto d’un pezzo. Riuscirà Delia a salvarsi dall'ennesima raffica di botte se Ivano leggerà la lettera? Però giunge in extremis a legare connessione tra una possibile avventura personale e quella collettiva del femminismo politico”. Se certi capitoli di
C’è Ancora Domani risultano frettolosi o poco interfacciati allora sarà tutta colpa del MacGuffin? Ma cos’è?
“E’ una cosa di cui si preoccupano i personaggi del film,ma non noi spettatori,l'unico scopo del MacGuffin è quello di avviare o far avanzare la trama”. La definizione detta dalle parole di Alfred Hitchcock presenta luminosa praticità. La lettera ricevuta apre interrogativi,suggestioni e movimenti della donna diventando il nostro riconoscibile MacGuffin,il pretesto che muove il film dove il critico francese identifica incertezze. Paola Cortellesi si è fatta prendere dal cuore piuttosto che strutturare adeguatamente la forma narrativa,per Eric Neuhoff (
Le Figaro),”
Filma un bianco e nero pulito come la pubblicità della pasta al dente,esitando sui toni,del neorealismo o della commedia all'italiana. Non è Dino Risi,l'ingenuità sfocia nella goffaggine e negli accenti da fotoromanzo”. La Francia dopo l’Italia conferirà alla pellicola il successo più sostanzioso associato a critiche di sostanza come poche volte accade nel feedback mediatico.