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Cronenberg: Il fascino sensuale della chirurgia
Torna il grande cinema d’autore che fa discutere e arrabbiare qualcuno
Provocante e intelligente Crimes of the Future divide e sonda il cuore dell’arte

A cura di Franco Ferri

Léa Seydoux e Viggo Mortensen in Crimes of the Future
Léa Seydoux e Viggo Mortensen in Crimes of the Future
Fa molto piacere ritrovare dopo lunghi tempi di pausa il grande cinema d’autore quello che suscita interesse,ammirazione,discussioni,e come se non bastasse rilancia la voglia di rituffarsi sui migliori orizzonti espressivi. In questo periodo avevamo già adorato l’ultimo splendido film di Jordan Peele,Nope,e se subito dopo arriva Crimes Of The Future di David Cronenberg il menù da cinefili trova ragioni sempre più convinte al nostro banchetto dove invitiamo critici e opinionisti per farci conoscere il sapore del cinema. ”«Crimes of the Future» è un po’ come la necessaria «porta»,qui intesa in senso cronenberghiano,per tornare a vedere sul grande schermo delle opere che non nascono seriali e che contrariamente alle serie trascendono la sceneggiatura tramite la figura stessa del regista”.Attraverso la testimonianza di Francesco Boille (Internazionale) ritroviamo con entusiasmo e parole sincere l’opportuno passaggio per entrare nel vivo del film diretto dal regista canadese che è stato presentato al recente concorso di Cannes. Nella sua filmografia questa pellicola va a ritrarre di nuovo temi che divampano nell’autore,e lui continua a scavarli non per forza d’inerzia o ripetitività,ma con la costanza e perspicacia di grande filologo dell’immaginario si prefigge di conseguire ulteriori spunti di rappresentazione. Dice Paolo Mereghetti (Corriere della Sera) a proposito di Cronenberg,” Riprende il titolo del suo film del 1970 ma con una radicalità più dirompente lascia sottopelle un’inquietudine che va ben al di là di quello che mostra e che racconta”. Crimes of the Future dopo gli intensissimi Cosmopolis (2012) e Maps To the Stars (2014) s’incunea in una dimensione che non tarda a delinearsi estrema ma le estremità non sono i limiti invalicabili e proibiti di un’espressione. Egli li travalica per testare altre chiavi del possibile,per disquisire e ampliare con ribadito impulso quelle potenti metamorfosi che sono in essere tra mente e materia e quindi inerenti al corpo umano,presentando con diretta verosimiglianza passi sostenuti dall’evoluzione. Il regista osa dire,”Non faccio film per scioccare le persone o aggredirle”,di sicuro il centro rappresentativo del corpo quale equazione dialettica del suo lavoro avrà un impatto deflagrante e influente tutto da trattare. Giulia D'Agnolo Vallan (Il Manifesto) rifletterà così,”Le tesi più profonde della sua opera,dai body horror di «Videodrome» e «Existenz»,agli strumenti ginecologici di «Inseparabili»,alla sessualità lancinante di «Crash» li porta più avanti,in modo rigoroso e commovente,il corpo diviene come realtà ultima nell’era della totalità virtuale”. E’ la storia di un futuro dalle sagome presenti dove nei corpi nascono nuovi organi e all’interno di essi si somatizzano disegni strabilianti. L’umanità sembra avvolta da un percorso di progresso inverso e fiaccato,eppure la mappa dell’inventiva cambia verso altri approdi dell’arte e della visualità che contemplano la chirurgia quale mezzo creativo e di elevazione. Il bisturi e le successive suture sulla pelle diverranno linee di un codice,gli artifici prodotte da esse fisseranno il rigore disciplinare che impone questa nuova bellezza. Le performance d’avanguardia cambiano il pensiero e acclimatano l’abilità chirurgica all’idea di una forma che rimpiazza il naturale fino a qui esistito divenendo la nuova sessualità.

David Cronenberg firma Crimes of the Future
David Cronenberg firma Crimes of the Future
In questo quadro da metabolizzare con attenzione Federico Gironi (Comingsoon.it) aggiunge.”Interessante è la sparizione del dolore,in un tempo in cui tutti siamo desensibilizzati dalla mediazione tecnologica”,e l’asettica,fredda disponibilità dell’intimo del resto contribuisce a mutare spazi e traiettorie umanistiche. Cronenberg in questo film modella un’estetica dell’interiorità che non nulla a che vedere con l’omologa dell’evasione dando vita a una storia per niente intenzionata agli accomodamenti come raramente si vede. Tali aspetti solidi e d’innovazione continua accade che purtroppo sono invariabilmente poco sviscerati dal senso comune,quindi mal digeriti dalle maggioranze,contribuendo a una condizione divisiva anche nella critica ma si sa le grandi rappresentazioni ispirate dal verbo anticonformista hanno sempre trovato loquaci oppositori. Spesso i detrattori s’investono a difesa per la sopravvivenza di un ordine immutabile anche nell’arte magari lo fanno con argomenti articolati e strutturati ma c’è sempre qualcuno che sfugge alla seriosità per donarci qualche leggiadro sorriso. E’ il caso di Serena Nannelli (Il Giornale) secondo cui Crimes of the Future,” Ci si rassegna a subirlo,si contano i lunghi minuti di quello che appare come un pasticcio grossolano,grottesco e artificioso”. Chi non è d’accordo con Cronenberg dovrebbe far capire ai lettori perché il suo film non va bene oppure dove il regista ha sbagliato usando argomenti precisi e oggettivi. Invece stiamo assistendo a ricorrenti divagazioni estemporanee,inadatte sul tema semmai suggestive per l’imbarazzante ilarità che scatenano. In una sorta di par condicio al maschile ci prova Boris Sollazzo (Radio 24) che spiazzato quanto poco immerso nelle profondità del film afferma con innocente candore,”C’è molta più forza,genialità e follia nella scena del Botox della «Grande Bellezza» di Sorrentino che in tutto «Crimes of the Future»”. Le allucinazioni da calura estiva moltiplicano gli effetti,e i giudizi roboanti un po’ qualunque sembrano quelli da spiaggia tra ombrelloni e sabbia rovente. Mentre il mestiere del recensore dimentica spesso il proprio pubblico orfano di oneste e circostanziate interpretazioni sulle pellicole più importanti. La statura di David Cronenberg si mantiene integra grazie a una storia che ha il pregio di alzare il tiro con un azzeccato stile claustrofobico egregiamente figurativo del presente. Non è mai indotto dal ripetere se stesso e guarda in avanti osservando meditando sulla specie umana che sta cambiando,non dimenticando che l’evoluzione non può essere un sentiero lineare e prevedibile. Resta attratto dal concetto di fondo che noi tutti siamo dei mutanti e come rimanda Fabio Ferzetti (L’Espresso),”E’ ossessionato dalla creazione anziché dalla legge naturale,il tempo che solo noi possiamo trasformare in bellezza”.