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Un giro con Thomas Vinterberg
Parliamo con il regista danese che ha vinto l’Oscar per il film Un Altro Giro
Estro e gradi alcolici ma con ironia svela che a volte l’ispirazione non è pura

Conversazione di cinema a cura di Franco Ferri

Thomas Vinterberg dopo la vittoria all'Oscar
Thomas Vinterberg dopo la vittoria all'Oscar
E’ stato insieme a Lars von Trier il fondatore del Dogma 95,una serie di regole da applicare ai progetti cinematografici in aperta opposizione al dilagare di film con eccesso di effetti e molta elaborazione post produttiva che proliferavano negli anni 90. Per Thomas Vinterberg in fondo stabilirsi nei concetti di essenzialità,intesi quali percorsi di sostanziale,resterà un’esigenza anche quando cominciò il declino del decalogo esclusivamente realista. Una determinazione armonica che lo ha condotto a scrivere e dirigere Un Altro Giro il film pieno di originalità vincitore dell’Oscar. Questa è una storia che vede quattro amici insegnanti delle scuole superiori alle prese con situazioni personali e difficoltà di complicato recupero. Dedicano tempo all’amicizia e accompagnandosi a sontuose bevute ricreano un clima solidale che promette buoni auspici. I gradi alcolici paiono suggerire una sfida per loro stessi e gli altri. Mettendosi alla prova seguono una teoria secondo la quale mantenendo un livello moderato e costante di alcol nel sangue potrebbero incentivare doti creative e raggiungere livelli d’eccellenza mentale. Abbiamo incontrato Thomas Vinterberg dopo che ha raggiunto l’apice della carriera vincendo la mitica statuetta dell’Oscar. Racconterà la genesi e le tipicità di Un Altro Giro evidenziando come il suo film cerchi di esprimere il caos contemporaneo e auspichi una possibilità equilibrista per guardare lontano. Ma il cuore centrale di tutto resta l’ispirazione che guida ogni forma estrosa,e con sorpresa dal carattere graffiante rivelerà un inedito episodio da cui ricavare un opportuno interrogativo sull’autenticità illuminante.

Quali sono le caratteristiche principali del film ?
Un Altro Giro è un film sulla capacità di rischiare,sulla volontà di lasciarsi andare e sulla tenacia di sapersi rimettere in gioco. Comincia come una celebrazione dell’alcol,ricordando l’importanza di questo rituale perché in Danimarca si beve molto più che in altri paesi. Nella storia sono presenti degli aspetti in evoluzione dove si vivranno parallelismi che sfociano in contraddizioni dal valore vitale.

L’amicizia conta molto per i protagonisti ?
Ritrovarsi insieme per quattro uomini è un fattore unico. L’incontro per loro vuol dire inebriarsi dei piaceri della vita ma porta in dote il significato di un’attesa,in qualche modo li fa vibrare avendo ritrovato quella giovinezza che sembrava alle spalle. Questo momento lo vogliono vivere fino in fondo pensando certamente al rischio ma in particolare al fascino spericolato di un giro che non puoi gestire come vorresti.

Birra,vino,vodka contribuiscono nel film a formare solidarietà e condivisione rendendoli sottomessi o antesignani di un modello speciale ?
La solidarietà è un elemento molto rilevante nei periodi che ti minacciano da vicino,però il film si occupa di qualcosa di più del bere. Un Altro Giro si ribella all’idea del controllo e combatte per la bellezza di ciò che non possiamo controllare. Tutto nella nostra vita si sta trasformando nell’ossessione del controllo. Pensiamo agli smartphone che ti dicono quanti passi hai fatto,al giornalista che conta i click avuti dal proprio report,ai giovani che sono occupati totalmente a inventarsi stratagemmi virtuali per apparire di successo. Il film ci ricorda che quando la nostra vita è a rischio diveniamo più aperti e curiosi perché quando tutto resta sotto controllo probabilmente moriremo di noia

Sei cresciuto in una comune in ambiente molto anticonvenzionale e ti piace lavorare con gli amici questo stile è servito per trasportare gli attori di Un Altro Giro in un clima diverso ?
Abbiamo fatto molte prove per rendere veritiere delle situazioni e far sembrare veramente ubriachi gli interpreti,ed è difficile. La cosa straordinaria del recitare è riuscire a portare in luce sensazioni che nascondi e sono gli stessi atteggiamenti di chi quando è alterato tende a non voler dimostrare agli altri il suo stato. Abbiamo focalizzato questa condizione psicologica che diviene un punto importante per mostrare quel confine labile tra abisso ed equilibrio,averlo reso credibile ha contribuito a mostrare nel film tonalità fondamentali.

L’ispirazione è favorita da stimoli speciali o nasce esclusivamente dal talento ?
Una volta ho telefonato a Ingmar Bergman,volevo scusarmi con lui per un senso di colpa che tenevo dentro. Era sorto a causa della sequenza del mio film Festen dove c’é una cornice di danza vista attraverso l’interno di una casa. Questa idea l’avevo rubata di sana pianta dalla sua pellicola Fanny & Alexandre che ho amato molto,così quando lo chiamai mi disse di non preoccuparmi. Raccontò con candida sincerità,e rimasi stupito,che anche lui aveva fatto la stessa cosa perché quella scena tanto memorabile a sua volta l’aveva presa dal Gattopardo di Luchino Visconti. So che fa sorridere ma,no…non credo che le folgorazioni siano sempre figlie di percorsi puri.

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