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NOVEMBRE 2024
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Il Meglio e il Peggio del mese
C’E' ANCORA DOMANI di Paola Cortellesi
Sceneggiatura di Furio Andreotti, Giulia Calenda, Paola Cortellesi

Con Paola Cortellesi,Valerio Mastandrea,Romana Maggiora Vergano,Emanuela Fanelli

La storia di Delia,casalinga dal volto scavato,dagli occhi incupiti per l’ingrato e obbligato lavoro nella famiglia,è ambientata tra la Roma città aperta e i mesi che precedono la prima votazione libera (referendum tra Repubblica e Monarchia) dopo gli anni tremendi dell’oppressione fascista. L’idea della libertà che conquisti le coscienze favorendo l’arbitrio dei cittadini per il vero non si nota ancora molto. Costumi e abitudini collettivi sono rimasti secolarizzati,quei pochi mesi di pace distinguono momenti confusi che ingigantiscono il tormento. Nell’interno dei nuclei familiari le tradizioni che patrocinano anche abbiette consuetudini,sopraffazioni imperdonabili,dettano l’ordine del giorno. La povera donna è diligente al massimo nell’espletare necessità e occorrenze dei familiari per di più mostrando un affetto insolito verso il suocero. Il marito invero sembra un padre padrone per diritto divino assumendo una facciata che contempla l’arroganza se non la violenza quale atto dimostrativo del comando. In giro nella città per il genere femminile ci sono opportunità di lavoro soltanto precarie nutrite da piccole ricompense che non hanno affatto dignità da stipendio. I tempi del resto non sono ancora maturi per diritti veri e in fondo ci si deve accontentare di una vita da arte d’arrangiarsi che non può certo far comprendere alle genti il bisogno della prospettiva. Siamo nell’anno zero (1946) al quale Rossellini seppe dare onore cinematografico,qui c’è una questione dal tatto etico in cui la cultura dominante è responsabile di segni devastanti,non soltanto le macerie della guerra ma si sta perpetuando con abbietta fierezza un fattore immarcescibile che gli studiosi sociali chiamano il patriarcato. L’enorme potere dell’uomo sulla donna stabilisce regole congenite (oggi in forme diverse ma restano attualizzanti). Nel film non scalfiscono più di tanto la moglie Delia,la mamma,che dal basso della propria posizione con una buone dose d’inventiva proverà a cambiare forse non il suo destino ma l’incerta strada della famiglia. La pellicola presenta uno spazio vitale che smuove la vicenda con al fianco l’esigenza di essere un promo per l’emancipazione di genere. Alla Cortellesi e Co. nessuno di noi alla vigilia avrebbe pronosticato un successo così imponente da andare oltre la consacrazione al femminile. C’è Ancora Domani nel bianco e nero (virato) che non restituisce però le sfumature molteplici,i grigi fluidi di un prodotto d’epoca,vorrebbe strizzare l’occhio alle sensibilità contemporanee come se dovesse accendere per induzione una obbligata magia di parabola. Certamente curato nelle acconciature e nel disegno di arredi e vestiari cala il suo più sincero baricentro nell’anfratto dei ricordi,nei racconti perduti dove trovare le chicche delle meraviglie e le dritte dai film del neorealismo rosa usciti in quegli anni. Tra lo spirito di Aldo Fabrizi e la spesa ai mercatini si avvertono le tragicommedie della famiglia cara a Totò. Al contrario del titolo la materia dettagliata e le situazioni illustrate ammiccano,rilasciano scoperte dalla catarsi malinconicamente attrattiva lasciando sulle sequenze l’impulso vivente del c’è ancora ieri. Sono le fascinazioni dell’anacronismo,le botteghe dei mestieri scomparsi (ombrellaio),le condivisioni pettegole,il rituale degli usi che rendevano inossidabile l’alveo familiare. Più di qualcosa che riformula per comunicatività la geometria del film restituendo tonica ipnosi a persone ormai circondate dall’indifferenza nel reale e rese aride altresì verso qualunque artificiosa suggestione di un povero presente. Il segreto del suo successo pensiamo dimori in questi passaggi quando sussistono nel paese vari strati di società avvinghiati con devozione all’indietro non avvertendo il letale pericolo di un gioco che rende prigionieri del passato. Con sollecitazioni molto più potenti del messaggio timbrato di femminile il film viaggia nel costume popolare che fu. Tuttavia la leggerezza e qualche episodio non molto interfacciato dalla sceneggiatura trascinano le conclusioni focali,importanti,ad una definizione che usando una parola in voga vogliamo chiamare populista. Atteggiamento che sottintende nel modo un richiamo a suggestioni civili di aderenza demagogica,abbozzate,enunciate e agitate con poca arditezza nella caraffa quanto mai consumata del vorrei ma non posso.