Vincenzo Cerami,”Il cinema italiano nel caos per mancanza di autori e ricerca,troppi film senza qualità”
Il crossover delle voci di dissenso che hanno subissato la proiezione di
Quando è la Notte della Comencini,ha determinato il riacutizzarsi di una vecchia ferita non rimarginata fra organizzazione e critici. Il conflitto in realtà non risponde ad un’episodica diatriba fra eminenti personaggi ma coinvolge direttamente tutto un modo paludato e limitativo dell’idea di cinema che da molto tempo è divenuto prassi comune in questo paese. La questione viene posta in modo sollecito da Paolo Mereghetti sul
Corriere Della Sera,”Se quella che ha accolto con un'indecente gazzarra “Quando la notte” di Cristina Comencini è davvero la «Critica»,aggiunge il critico,
allora urge un qualche ripensamento da parte di tutti: di chi fa questa professione ma anche di chi organizza i festival. Più o meno direttamente la patata bollente viene consegnata proprio al direttore Marco Mulller,verso il quale Mereghetti ha da tempo un contenzioso legale originato da certe dichiarazione non propriamente cristalline della professione critico. In pool position sarebbe la metodica blanda se non di parte,guarda caso nata a Venezia nelle passate edizioni,che sconfina spesso in dubbia professionalità da parte dei recensori mediatici. Una testimonianza che sembra una deposizione ce la fornisce Roberto Silvestri del
Manifesto, “
Marco Muller non sopportava più le accoglienze meditabonde e caute della critica e ha preferito far sentire di più la sala”.
Vincenzo Cerami
In una sorta di flash-back,lo sceneggiatore e scrittore Vincenzo Cerami fa un tentativo di mettere a fuoco il male oscuro odierno riprendendo esattamente il punto del rapporto che esisteva fra cinema e critica. La sua analisi vira a ritroso nel tempo e rivede i fulgori di quando
,“gli autori di un film mentre scrivevano il copione pensavano cosa avrebbero detto i critici di allora,Edoardo Bruno,Casiraghi,Aristarco,Argentieri,Micciché,Cosulich,Kezich,Aprà ”. Le sue vibranti parole scritte sul supplemento del
Sole 24 Ore ripropongono quei periodi formidabili, “
durante gli anni del cinema d'autore,soprattutto i francesi cominciarono a scoprire che anche tra i vituperati film commerciali si poteva esprimere arte e bellezza. Nascono i miti di Nicholas Ray,Jerry Lewis,Alfred Hitchcock,Billy Wilder da noi,gli intellettuali si accorsero di Sergio Leone”. Tornando nel presente si registra quella che senza indugio si potrebbe chiamare involuzione e Cerami apostrofa così
.”Oggi si è andati molto al di là,vengono osannate le saghe di Pierino e del mitico"Monnezza".
Roberto Silvestri
La sua perseveranza di stampo Junghiano ci conduce impietosamente all’origine di tutti i mali
,.”A metà degli anni Settanta moriva la commedia all'italiana sostituita a malapena dall'apparizione dei comici cresciuti nei teatrini di provincia e in televisione,come Verdone, Troisi,Benigni,Nuti. E se i copioni scritti da sceneggiatori come Age e Scarpelli contenevano acidità e veleno, nei film degli anni Ottanta per la prima volta entrano i buoni sentimenti,gli eroi positivi e i finali edificanti: primi segni gravi di un"contagio" televisivo ”.Viene da chiedersi se il film,tipico prototipo da sala,abbia comunque una sua importanza attuale dal momento che nelle maggiori cinematografie del globo non solo resiste ma si evolve. Evidentemente l’Italia è un mondo a parte,per l’autore de
La Vita è Bella non ci resta che piangere, concludendo che siamo di fronte a “
una produzione caotica e casuale,senza tendenze e senza ricerca. Oggi si definisce«film di qualità» il novanta per cento delle nostre produzioni: troppi autori,nessun autore”. Il ruolo dei critici dovrebbe essere centrale rispettando una primaria oggettività culturale quanto neutrale lontananza dai conflitti d’interesse. In proposito Roberto Silvestri ritorna sul tema veneziano asserendo che
“quello del Lido,l’ambiente,a differenza di tre decenni fa,è troppo interessato e siccome il pubblico quando paga ha sempre ragione si rifiuta di adulare il cinema di stato. Insomma il Leone d’Oro pretende consensi e adulazioni sincere oltre la solita casta.