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Trash, la discarica (im)morale di una società
J’accuse del degrado brasiliano che divide critici e pubblico
Un film godibile e… troppo scomodo per i giornali nazionali

A cura di FRANCO FERRI

I protagonisti di 'Trash'
I protagonisti di 'Trash'
Stephen Daldry è un attento indagatore dei meccanismi adolescenziali,non fa mai mistero di una profonda aderenza con le piccole gioie,le grandi inquietudini che alimentano quel mondo spesso incompreso. I suoi film,incluso il raffinato e stilisticamente poliedrico Billy Elliot,cercano un barlume di verità spesso fragile dal quale ricondurre il rapporto traviato con i grandi. In Molto forte,Incredibilmente Vicino colpiva non tanto la pregnanza lancinante del dolore ma la poetica all’interno del legame familiare che ampliava un percorso di conoscenza e forza con se stessi di pari passo con la dinamica narrativa. Ritorna in quest’ottica trasferita nella favela corrotta e corruttrice,Trash,pellicola in discarica di adulti che annientano la speranza dei fanciulli,scopriremo se la voglia di riscatto potrà unirsi al senso di giusto. Dopo aver vinto al Festival dì Roma un po’ tutta la stampa italiana ha guardato al film con malcelato sospetto nonostante la storia dimostri solidità negli aspetti idealizzanti e di coinvolgimento. A parte la superficialità di alcuni che pensano di aver visto una fiaba oppure,“ un film per ragazzi ” (Alessandra De Luca, Avvenire) dimenticando variabili drammaturgiche mature nei protagonisti e nelle situazioni,ha di certo dato fastidio la scelta premiante voluta dalla Giuria del Pubblico. Michela Greco per Leggo afferma così,” L'immondizia che ha convinto il pubblico è una favola (fin troppo patinata) di ribellione al degrado della favelas ”,mentre Libero (Alberto Alfredo Tristano) questa libertà altrui la vede un po’accigliata,” Quest'anno decideva il popolo, e il popolo si è espresso ”. La vicenda ha colpito un certo immaginario felice dei frequentatori esperti di cinema,i giurati della Festa del Cinema sono stati in grado di permeare e descrivere senza pregiudizio gli importanti puzzle comunicativi del film. Per una classe elitaria,snobista e culturalmente vecchiotta come quella dell’informazione (in particolare cinematografica) tutto ciò si erge a sacrilego scavalcamento di competenze, tuttavia il confronto nel comprendere e giudicare un film evidenzia differenze che scavano un solco largo un’era quaternaria. Nondimeno la sostanza maggioritaria di Trash,ovvero la denuncia sociale,dimostra molta potenza perché le accuse mettono in primo piano senza veli e ipocrisie le responsabilità di istituzioni e politica centrale. Il degrado e la povertà di un paese come il Brasile è voluta dall’alto grado di corruzione grande veicolo di arricchimento per pochi soggetti. Questo peso di verità nel filtraggio informativo italiano con molta ipocrisia viene comunque silenziato se non demolito ma pensiamo incessantemente al ruolo che svolge l’editoria cartacea nel legame con le stanze del potere. La Repubblica per espressione di Roberto Nepoti dice ” Il film giustifica il sospetto di condiscendenza un tantino pelosa per i dannati della Terra”,però dalla storia si deducono invece cristallina sincerità,aderenza psicologica e sociale,non emergono motivazioni pelose e fini non schietti. Quella di Nepoti sembra la classica arrampicata sugli specchi,se un film del genere l’avesse fatto un regista italiano,i favoriti della solita casta,adesso sentiremmo urla e tifo con iperboli moltiplicate all’infinito.

Fabio Ferzetti
Fabio Ferzetti
In pochi guardano al linguaggio come evoluzione del cinema in cammino e Trash configura,intreccia realismo con fiction ponendo il format su un altro piano comunicativo che elabora stile lirico funzionale alla forza del messaggio etico. Perciò tutti coloro che sono rimasti al dogma neorealistico d’antiquariato restano sempre spiazzati davanti a queste pellicole con tratti multifacciali,come nel caso di Fabio Ferzetti (Il Messaggero),la cui nota appare l’elogio del pregiudizio avversato. “Stephen Daldry travasa in questi scenari esotici tutti i colpi di scena, i trucchi di regia, il senso del ritmo, insomma l'innegabile e la boriosa bravura che rende i suoi film così entertaining e così irritanti.”. Probabilmente anche la distanza ideologica delle tematiche avrà determinato l’ira serena di Mariarosa Mancuso (Il Foglio). “Trash,strappa a tutti i professionisti che ci hanno lavorato il peggio di sé,si capisce che lo hanno studiato a tavolino per commuovere gli spettatori britannici. Il film sofisticato non è nel cuore e nella mente di Giovanni Bogani che in tv (Cinematografo) sostiene come elaborazione e artificio portino lontano dalla verità. Insomma l’estro e le capacità creative vengono aborrite dai critici domestici,siamo al cospetto del grottesco ma d’istinto ci pare di capire che tante affermazioni sono sicuramente avvolte e pelose per non approfondire un film di argomento scomodo. D’improvviso fa piacere non essere soli nel condividere un giudizio,Fulvia Caprara (La Stampa) dice “ Ha l'energia positiva,il ritmo trascinante,la forza della denuncia sociale “. A certi temi la maggioranza dei recensori non sono più abituati ed è difficile raccontarlo al pubblico,però ci vorrebbe coraggio perché Trash è una storia non addomesticata o innocua come tante del cinema italiano che loro sdoganano tranquillamente. Stephen Daldry,visto il suo talento narrativo ad ogni latitudine,potrebbe essere chiamato a raccontare la corruzione e l’angoscia sociale di questo paese,considerando l’assoluta assenza della cinematografia locale nel filmare con verità l’Italia di questi anni.
6 dicembre 2014