Joseph Gordon Levitt interpreta Snowden
Coincide con la sempre più pressante ombra del controllo sugli individui,una sorta di moderno autoritarismo globale che fa scattare ancora in alto l’ispirazione di Oliver Stone sul tema delle libertà e dei diritti civili. La figura di Edward Snowden potrebbe avere quella patina alimentata da leggiadria cronachista ma il regista riesce a farla volare idealmente con una struttura narrativa a valenza storiografica. La Storia si può ripetere,un tempo i crimini contro l’umanità perseguiti dal regime nazista furono duramente puniti,oggi sembra riemergere uguale spregio delle vite e dominio dell’ingiustizia con la scusa del terrorismo. Quella linea di principi e diritti a difesa delle genti divenne patrimonio giuridico dell’Onu,ma attualmente si fa fatica ad invocare nella società tali misure. I temi della sicurezza sono di preminenza strategica nelle scelte unilaterali dei presidenti,da Bush a Obama,e probabilmente anche in futuro,di Trump. Il filo del film imbastisce l’agile geometria tra il ruolo dell’ex analista Cia,Ewuard Snowden e i dubbi,le crisi del protagonista prima delle clamorose rivelazioni. Prendono quota sulla falsariga di
Nato il 4 Luglio,come nel Ron Kovic di quella celebre storia prende forma in lui una visione psicologica e culturale distante dall’aplomb retorico. C’è una via d’uscita dove la virtù può anche essere ridisegnata con gli stilismi dell’antieroe e il tuo paese sarà comunque grato per quella carica di forza ribelle,evolutiva che non viene mai separata dal bisogno di progresso.
Snowden,è stato una delle migliori pagine di cinema durante questi mesi,riesce a comunicare non soltanto la filigrana di una devianza cui siamo tutti coinvolti ma porta all’ebolizione condivisa di un buon grado di passione civile,di idealismo politico pieno di input,coinvolgendo le nostre coscienze come invero non saranno mai educate dal tradizionale contesto socio-politico. In effetti il film per connessione aderente con la più impercettibile,temibile e al tempo stesso affascinante delle culture affermatasi nel nuovo millennio,l’informatica,guadagna punti incommensurabili nel rapporto subdolo che questa ha legittimato nelle strategie di vigilanza,divenute ormai controllo su ogni abitante del pianeta. I drammi e il passaggio ansiosamente vissuti dal giovane informatico hanno tocchi di nevrotico linguaggio che colpiscono la mente,non sono meno avvolgenti e virati di psichedelico movimento di quanto li ammirammo in
The Doors o
JFK. Anzi i momenti di coscienziosa perturbabilità,gli screzi ossessivi con la compagna,la prospettiva oscuramente visionaria,diventano fulcro del suo nuovo modo di pensare che lo condurranno a quest’azione di denuncia tout court al sistema. Negli accennati passaggi è mancato qualche livello di sfumatura ricettiva a Maurizio Porro del
Corriere della Sera,che invece si accomoderà tutto d’un pezzo su quelle sequenze.
“ Rispetto allo stile psichedelico di molto suo cinema,si attiene più ai fatti con un racconto rispettoso e cauto,dove è chiaro da che parte sta “. A proposito di capitoli per niente marginali,anche Maurizio Acerbi del
Giornale si perde girovagando nei meandri della relazione tra Edward (Joseph Gordon-Levitt) e Lindsay (Shailene Woodley)
,” Una buona fetta del lungometraggio è riservata alla storia d'amore alla lunga,finisce per appesantire inutilmente,distogliendo l'attenzione dal vero scopo del film ”. Niente di più ingannevole,la scelta di sceneggiatura dà spazio a vita privata e sentimentale perché sarà in mezzo a questi sprazzi che si sviluppa sulla pelle del protagonista la rivelazione verso una volontà non conforme. Qui inizia il contatto diretto e professionale con personalità,figure di un certo establishment e dello spionaggio tecnologico ma è la loro privacy a divenire l’angolo inquieto,inaspettato nel quale tutti noi possiamo cadere e rispecchiarci. In fondo chiunque potrebbe avere qualcosa da nascondere nel privato,la teoria dell’uomo di vetro di hitleriana memoria riemerge prepotente senza rispetto per le libertà di chiunque. Così il sospetto si tramuta in dubbio e l’emersione della natura spesso evocata da Hitchcock diviene l’assoluta protagonista contagiando la sfera dei due protagonisti come quella di ogni individuo nel mondo. Il trattamento in quella misura ha una carica di moto introspettivo e apre domande fondamentali dell’alveo intimo,affrontando una costruzione identificativa del fenomeno diversamente a rischio di generalizzata insolvenza.
Snowden: Giganti del Web contro diritti e privacy
La realtà,romanzata non romanzesca,attorno alla figura di Snowden si abbina significativamente a quella paritetica del comune cittadino,ignaro o quasi,che può prendere coscienza di ombre della storia contemporanea. Del resto avvenne così per il procuratore Jim Garrison in
JFK,quando
in mezzo all’enorme,oscura,contraddittoria mole dei fatti riesce a convogliarli in nobile afflato di cammino e nuova condizione morale. La verità s’impone e il settimanale
Famiglia Cristiana elegge la pellicola a caposaldo
di un periodo cruciale.” Fino a che punto siamo disposti a rinunciare alla nostra privacy in nome della sicurezza ? ” Sul
Secolo XIX°,Natalino Bruzzone mostra impressione e sinteticamente afferma sgomento se qualcosa non cambia nel sistema.
” Gli affari di un'architettura dell'oppressione silente che potrebbe consegnare ai governi le chiavi di una mascherata dittatura “. Altrettanto preso di soprassalto,Claudio Trionfera su
Panorama,che comunica le forti emozioni incessantemente vissute nelle due ore e un quarto.
“ Verità prodigiose e inafferrabili che Stone racconta con modi travolgenti,agghiaccianti ed elettrici ”. Appare curiosa e scompaginante la motivazione di Giulia D’Agnolo Vallan (
Il Manifesto),capziosa nel rilevare quanto il film possa,
” Piacere anche ai detrattori della fede politica di Stone”. Snowden in effetti fa scaturire il carisma dei grandi film che non fissano mai muri e confini negli spettatori,lasciando anche nella stampa conservatrice un intensa e positiva impronta. A Marianna Rizzini de
Il Foglio interessa proprio il processo di trasformazione di Edward Snowden,da assertore dei valori repubblicani a quello di convinto difensore dei diritti violati
,” Stone vuole rispondere a questa domanda: perché un giovane uomo che lavorava per il governo decide di trasformarsi in colui che svela i programmi di sorveglianza di massa”. Sempre a destra,Giacomo Ferrari,(
Libero) pur esprimendo sostanziale giudizio positivo,
” Oliver Stone racconta la favola con il pugno d'una volta ”,mostra qualche riserva,
“ La biografia edulcorata oltre misura”,e
il pensiero
liberal gli ricorda quello di
Mr, Smith va a Washington (Frank Capra). Completamente negativa invece l’opinione di Valerio Caprara (
Il Mattino),
” La posizione del regista è senz’altro ultra schierata e l’apparizione finale del vero Snowden va a tramutarsi in un'agiografia imbarazzante ”. In quest’ultimo caso ben si comprende come il regista di
Platoon e
Wall Street con al seguito una passione travolgente per le storie civili,diverse e politicamente scorrette non sia mai stato di gradimento soggettivo per il critico
del quotidiano.