Nanni Moretti e Margherita Buy
L’attenzione verso Nanni Moretti è qualcosa che va oltre l’analisi di un suo film,non tanto perché coerenza,ricerca comunicativa e linguaggio cinefilo siano meno importanti,ma la personalità e il carattere del regista sono stati attraverso gli anni una grande ombra riverberatasi su costume,politica e società tale da renderlo in odore di leadership a prescindere dal carisma cinematografico. In quest’ordine sparso figlio di una rigorosa,indipendente creatività che in questo paese significa sempre sconfitta ha però saputo costruire un rapporto elastico con la classe dirigente mantenendo allo stesso tempo critica accesa e ottenendo comunque da parte dei politici aperture di credito senza rancore. Indubbiamente il nome di Moretti per noi che osserviamo i risvolti tipici della cinematografia in Italia è uno spartiacque tra la visione del film pensata come laboratorio e quella prolissa,invadente e velenosa del finto autorato oggi preminente. L’uscita di
Mia Madre ripropone il sostanziale,inalterato desiderio di scoprire qualcosa di nuovo come in modo inconfutabile
Habemus Papam riuscì a comunicarlo,ma il film odierno non fa decollare le intenzioni per una serie di evidenti problematiche legate alla scrittura e ad una difficoltà conseguente di adeguare il linguaggio ai toni tematici prescelti. Questo sarebbe bastato in teoria per accendere un dibattito fruibile e consapevolmente costruttivo,al contrario media,recensori e scrittori a vario titolo non hanno mostrato la variabile culturale ed esperta di una disciplina da interpretare e far comprendere. Rimane forte l’impressione di porre quella fiducia di maggioranza,senza analizzare il contenuto,che spesso suffraga i nomi noti quando costoro sono in odore di appartenenza come pure di casta. Qualche tempo fa un noto critico confidenzialmente e senza microfoni accesi disse che si attendeva speranzosamente il ritorno di Moretti per cercar di riabilitare il nome del cinema italiano dopo una stagione disastrosa in esiti economici ed artistici. Ci risiamo,l’ossessivo bisogno di una bandiera da sventolare non ha nulla a che vedere con analisi e opinioni al di sopra delle parti però serve a rassicurare. Non c’è di meglio in questo che far recensire un film da un notista celebre magari digiuno di cinema,Marco Travaglio sul
Fatto Quotidiano scriverà
,”«Mia madre» di Nanni Moretti è un grande film,un film talmente semplice,disarmante e politico da non sembrare neppure italiano,del cinema di oggi ”. Grazie a Travaglio,improvvisamente divenuto cinefilo e coscienza da maggioranza,il film può fregiarsi addirittura di una bandiera universale. Moretti non è stato all’altezza dei lavori migliori tuttavia l’esercito degli imbonitori non si fa problemi e avanza scaricando sul lettore epigrafi roboanti.
Marco Travaglio
Michele Anselmi sul
Secolo XIX affermerà
” Film della maturità,toccante,profondo ”. Sullo stesso accento Boris Sollazzo (
Il Garantista) che consegna a Moretti il passaporto di ”
Poeta dell'inadeguatezza e del dolore indagato con un'invadente lucidità ”. Con ricorrenza analoga i sopracitati recensori nei commenti completi raccontano e divagano le sequenze del film ma non sostengono con personali tesi le ragioni che li hanno conseguentemente portati a scrivere quanto abbiamo selezionato. L’enfasi e lo slogan da trailer prevale a Roma che non fa mancare a Nanni il dovuto sostegno dai quotidiani capitolini.
Il Messaggero per penna di Fabio Ferzetti inciderà sulla pagina quella riga favolosa che ti manda al cinema,
” Straordinario,destinato a scavare nello spettatore a lungo dopo la visione.” Gianluigi Rondi (
Il Tempo) dice,
“Grandissimo,commovente film” e sulla stessa lunghezza d’onda Natalia Aspesi de
La Repubblica sentenzia,
“Sono tanti i momenti d'inevitabile commozione che difficilmente ormai si provano al cinema ”. Probabilmente in molti sono stati anche suggestionati e intimoriti dall’argomento centrale,che al di là di metafore più o meno riuscite,gira intorno al trapasso. Lo sottolinea Alessandra De Luca su
Avvenire,” Il regista trova un modo nuovo per raccontare avvicinandosi con coraggio a uno dei grandi temi,la morte”. La vastità legata all’ineluttabile è la condizione perno del film,non può in ogni caso surrogare a priori un giudizio morale,estensivo evitando elementi fondamentali legati allo svolgimento e alla sintassi stessa del film. C’è chi invece giudica positivo
Mia Madre per una specifica assenza,a dirlo sarà Giorgio Carbone,
” Senza la politica Moretti sforna un bel film”. Qualcuno non è disposto a salire sul carro della singolare maggioranza d’opportunità ma lavora con impegno intellettuale colmando le lacune dei colleghi e suggerisce,
“ E’ un cinema completamente istintivo che fa quasi a meno di una vera sceneggiatura e i collaboratori in sede di scrittura ancora una volta non fanno sentire il loro apporto ”. Emilio Ranzato,critico de
L’Osservatore Romano,con indiscutibile verve polemica prosegue consegnandoci con coraggio il giudizio più schietto e personale.
“ Per questo film,sin troppo sincero e poco studiato accettiamo la richiesta di sospensione del giudizio artistico”.