L’America inquieta degli anni post 11 settembre nel thriller “The Next Three Days”
C’è chi preferisce una pizza al film ma l’Italia non è un paese per autori controcorrente
a cura di FRANCO FERRI
Una scena da 'The Next Three Days'
L’arrivo in Italia di Paul Haggis per presentare il suo
The Next Three Days è stato salutato con estremo calore dai media. La sua fama di artista con forti radici democratiche viene sottolineata da un originale benvenuto del
Foglio,” Non facciamo parte del suo Fan Club almeno quando scrive in proprio con il carico delle sue multiculturali e pacifiste convinzioni.” Quando viene da noi,
“Nessuno lo vuole in Tv”,rimarcava Michele Anselmi dal
Riformista,riferendosi ai programmi collocati a sinistra
,”Non Fazio,Non Dandini,Non Bignardi”. In questo welcome che sembra sinonimo di wanted si apre il cammino del regista che forse più di ogni altro ha dato accelerazione ad un profondo senso evolutivo del cinema contemporaneo,si legge la vistosa apatia di certa parte della critica nell’interpretare il disagio ma anche il forte impatto emozionale della pellicola.
Valerio Caprara
Durante la proiezione la mente di qualcuno sta impegnata nel pensiero di splendide abitudini mediterranee piuttosto che negli intrecci della storia. Valerio Caprara del
Mattino dice, “
The Next Three Days è uno di quei film che si vanno a vedere prima della pizza”. Un po’ di sforzo manca,risulta altrettanto vero come lo snobismo concentri troppa energia in un dibattito che non deve mostrare mai staticità. La fase drammatica che sfocia nei quaranta minuti prima dell’epilogo ha un’evidente dinamica di azione molto aderente e logica con le situazioni vissute,mettendo in risalto un rapporto formidabile con l’identificazione nella sfera dei personaggi. La percettibilità di un quadro attualizzante per mezzo di tematiche intelligenti può essere svolta anche in un format che mostri i contorni di una realtà sopra le righe e senza contraddizione risulterà congeniale ad una fruizione del verosimile.
Paolo D'Agostini
Paolo D’Agostini su
Repubblica si domanda in proposito se la
“dismisura selle prove affrontate dal protagonista abbiano la stessa forza inverosimile nel farci dimenticare di chiederci se quello che vediamo è plausibile”. Alessandra Levantesi Kezich sa trovare opportune parole di risposta da
La Stampa,“Se Haggis avesse tratto fuori da Crowe l’aspetto di supereroe capace di imprese rocambolesche la vicenda sarebbe rientrata nell’ambito convenzionale del prodotto di genere e nessuno si sarebbe posto domande”. L’Italia non è un paese per l’autore canadese e la sintesi di Dario Zonta (L’Unità) trova stile per una forma di ostilità in stile di xenofobia culturale non troppo velata
.”Il film crolla laddove Haggis dovrebbe essere maestro: la scrittura. Gli americani quando pensano troppo e vogliono fare gli europei sono…disastrosi.”. L’antipatia preconcetta andrebbe messa da parte nel caso di una analisi veritiera però Zonta ha mostrato l’inefficacia di un’idea ormai datata per contrastare un modello evolutivo di più giovane concezione e di approvata certificazione.
Alessandra Levantesi
Gli americani sono stati nell’ultimo quarto del secolo scorso autentici innovatori del tessuto narrativo cinematografico. Hanno avuto l’umiltà e la dedizione di studiare a fondo quel cinema europeo che veniva chiamato
d’essai estrapolandone e riadattandone i contenuti,facendo energetica fusion con il cinema cosiddetto
entertainment; Da Scorsese e Spielberg a Cameron e Fincher per citare solo alcuni nomi. Non a caso oggi è l’Europa che cerca d’inseguire nel cinema l’America non viceversa. La scrittura di
The Next Three Days nello specifico,che guarda caso è remake del francese
Pour Elle,dimostra assoluta personalizzazione quanto progressivo miglioramento espressivo e impressivo rispetto al modello di riferimento. L’enigma su fin dove è disposto a spingersi John Brennan (Russel Crowe) ottiene compimento intellettivo grazie a determinati parametri ma il quesito che apre suggestioni e risposte verrà mal recepito da diversi critici causa evidenti idiosincrasie con il percorso del cinema.
“Il film piacerà agli amatori del melodramma di azione” in questa attendibile ma un po’ parziale opinione di Giorgio Carbone tratta da
Libero si concentra la miope attenzione di chi si è lasciato sfuggire fondamentali sottotraccia.