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Pasolini, una voce viva nell’Italia che non cambia mai
Il film di Abel Ferrara e quella visione libera che ancora infastidisce
Critici alle prese con aspetti esteriori, non interessano coerenza e pensiero

A cura di FRANCO FERRI

Abel Ferrara
Abel Ferrara
L’organica e poliedrica opera di Pasolini strutturata nella poesia,nella letteratura fino a sublimarsi nel perfezionismo del linguaggio cinematografico,rappresentano il patrimonio intellettuale tuttora più accreditato all’estero di un intellettuale italiano. La modernità del suo lavoro imprime pagine che a distanza di qualche decennio dalla scomparsa mantengono intatto,affascinante,straordinariamente attuale il filo linguistico che lega un credo ideale alla società o al richiamo critico verso forme di decadenza civile già allora in moto. L’Italia sente la mancanza di un personaggio di quello spessore,ha segnato uno spartiacque tra il mondo rurale cresciuto senza organicità e il consumismo senza etica che finirà per distruggere l’innocenza e l’origine di tanti individui. Un grido disperato,libero appassionatamente politico contro il ruolo culturale degli apparati,dei media,dei cortigiani di regime. Sembra storia odierna ma il paese non combatte più contro il male oscuro a fronte del quale egli dedicò una vita. Ferrara è un regista che sente certe similitudini derivanti dalla propria formazione incentrata,quanto devastata,da strutture primarie come quelle derivate dalla religione. Non poteva non essere interessato a quest’icona superlativa del secondo novecento,così attratto dalle prospettive artistiche quanto aderente e riscopritore di arcani retaggi. L’aspettativa dei critici italiani all’arrivo di Pasolini,omaggio del regista newyorkese al suo genio,cozza però su un’idea testarda e cronachistica che avrebbero voluto nel film ovvero ancora un altro lavoro sul mistero dell’omicidio. Lo fa capire Boris Sollazzo sul Garantista.” La sciatteria di Ferrara diventa insopportabile con il finale dove ci ritroviamo di fronte a una ricostruzione da Telefono Giallo”. Quest’idea così gossipara e deviante ferisce di nuovo l’eredità culturale di Pasolini,il quale non ha mai mancato nei suoi scritti di criticare l’eterna superficialità di certa stampa che non sa  entrare nelle radici delle problematiche vere. Abel Ferrara,suggerisce una strada.“ Il film non è una messa in suffragio di Pasolini,ma un esercizio di meditazione buddista sul nostro maestro ”. Difatti nel film è interessato a questo collegamento mettendo in risalto,prima degli aspetti umani e quotidiani di Pasolini,questo rigoroso principio al fine di renderlo centro stilistico della storia. In particolare trova empatia con la sua parabola dell’arte che si compie attraverso la forma narrativa di un racconto,quella che esplica un senso di verità esprimendo nell’originalità del verso e nel disegno delle parole la complessa sintesi del pensiero.

Boris Sollazzo
Boris Sollazzo
L’attenzione critica si sbiadisce,forse per questo i giudizi sulla pellicola,Pasolini,sembrano provenire alienate da altra visione nella sala accanto. Dice Federico Pontiggia su Il Fatto Quotidiano.” Un pastiche multilingue straniante,di più confuso: sembra Babele.” Probabilmente basandosi sulle polemiche miopi quanto inutili relative al doppiaggio degli interpreti (Willem Dafoe,inglese,romanesco etc.). Ciò non toglie che un punto di vista coerente l’autore lo imprima nelle immagini,convincendo e portando dalla sua le ragioni intellettuali con il surreale episodio di giocosa trascendenza chiamato Epifanio & Nunzio. Qualcosa vicino all’anima poetica del poeta friulano che probabilmente sarebbe stato il soggetto del film mai realizzato, Porno-Teo-Kolossal. Ferrara s’interessa molto al linguaggio letterario e cinematografico di Pier Paolo Pasolini,pare ipnotizzato dall’imaginifica,liberatoria sessualità che lo scrittore rendeva icona provocatoria. Vito Lamberti (Il Salvagente) su questo frangente mette una barriera che sembrava antidiluviana.” Punto debole l'aspetto provocativo,soprattutto nei momenti in cui Ferrara s'immagina le opere incompiute di Pasolini. L’orgia è gratuita,la provocazione un espediente per attirare attenzione. Allo stesso modo,“ Una pecca è la presenza di alcune scene molto crude,solo volgari “,fa eco da Famiglia Cristiana,Eugenio Arcidiacono. Le sequenze audaci sembrano nuovamente tabù a distanza di decenni,quando Pasolini scriveva polemicamente o filmava proprio per idealizzare il senso della trasgressione a superamento di condizionamenti antichi,ma nella sua arte non c’era peccato ma prospettiva di bellezza erotica. Abel Ferrara,sotto questo aspetto è coerente e in sintonia con il grande intellettuale,tuttavia l’Italia pare essere rimasta ferma al passato. Stenio Solinas su Il Giornale guarda inoltre al substrato culturale che secondo l’opinionista sarebbe circoscritto solo a qualche dialogo,” Gli elogi per Sandro Penna e per Leonardo Sciascia sono gli unici elementi per indicarci che dietro dovrebbe esserci una vita culturale,bastano? Diremmo di no.”  Quando mente e udito si confondono in discontinuità nello spettatore lasciando alle fasi salienti un riscontro lontano dal percettivo.
5 ottobre 2014