Nanni Moretti in 'Habemus Papam'
Moretti sa far parlare di sé e del suo
Habemus Papam ma in un’ottica tipicamente cinefila si potrà macroscopicamente notare la netta mancanza nelle opinioni di una circostanziata e precisa analisi del lavoro cinematografico perché in fondo è questo che il pubblico si attende dalla critica. Invece come al solito accade,si mette in moto quel meccanismo che indugia su non troppo celati riferimenti di appartenenza culturale spesso inclini al gioco di parte. Prendiamo un magazine tradizionalmente favorevole a Nanni Moretti,
L’Espresso in cui Alessandra Mammì non ha proprio dubbi “
E’ il più bel film di Moretti per vari motivi “,seguiamone un paio…”
è formalmente bello con tutti i rossi svolazzanti dei cardinali, le composizioni tardo Cinquecento e le pietre dei palazzi di Roma”…” Ci fa ridere. Pur raccontando una storia terribile di vecchiaia e paura. Senza scomodare i luoghi comuni nord contro sud ”. Verrebbe voglia di sapere se i selezionatori di Cannes hanno accettato il film per il festival usando gli stessi concetti e misure.
Luca Mastrantonio
Non molto diversamente se ne occupa Luca Mastrantonio sul
Riformista che si destreggia fra “
il ritratto anti-andreottiano dell’uomo al potere “ e la sintesi della bellissima metafora sull’universalismo della Chiesa nella sequenza della pallavolo,che per lui
“ assomiglia ad un cucchiaio di Totti “. Si sa il calcio lascia tifosi ovunque ma le sue scorie sedimentano sempre superficialità e marginalità analitica. Eppure nel film è ben presente una visione che tende ad esprimere percezione allegorica della vita attraverso una quotidianità surreale. Su questo frangente Paolo Mereghetti (
Corriere della Sera) non sa prendere il centro del mirino e l’ammaliante rappresentazione diviene “
un girovagare che rischia di perdere forza e impatto emotivo”. Anselma Dall’Olio non vuol sentir parlare di metafisica che confina,chissà perché,nella sola descrizione del mondo cardinalizio insistendo piuttosto sul conflitto derivante
“dai propri dubbi”.Il dubbio e le paure
trovano riflessione però essendo non il contenitore ma un flusso umanizzante che trova vitalità in virtù proprio di uno stile comunque simbolico composto di discreto senso astratto. Gianni Rondolino sulla
Stampa afferma
,” il contenuto di fondo è emblematicamente la crisi esistenziale di un vecchio solo per come si muove dentro Roma ”. Habemus Papam troppo
riduttivamente sembrerebbe visto così la riedizione di
Umberto D di De Sica ma le sue carte sono ben altre.
Maria Rosa Mancuso
Il compimento di un linguaggio
di alta cinematografia non è una cosa frequente in special modo nel cinema italiano,solo questo rappresenta un avvenimento che a parte Mariarosa Mancuso sul
Foglio ,
“ Mille volte meglio dei registi suoi colleghi diventati notai ”,nessuno riesce ad interpretare. Nel versante di coloro che non mostrano simpatia c’è Giorgio Carbone,il quale preferisce un diretto pregiudizio sull’autore piuttosto di una calibrata analisi,magari negativa,della pellicola. Una caparbia diversità caratteriale della storia e l’assenza di un tipico Morettismo gli rimangono indigesti.
“Nanni è alla frutta”,scrive,”
vive di richiami a film precedenti è abbastanza precocemente un vecchietto “. Uno de principali fattori di discussione è l’inadeguatezza dell’uomo odierno di fronte ai compiti gravosi che lo possono attendere mettendo in luce paure e pavidità materializzando nella pellicola un’immagine impressionista della società odierna chiusa su se stessa,mal disposta verso il gioco di squadra. Non a caso Moretti puntualizzava che il film scava
“Sulle difficoltà di essere all’altezza delle aspettative degli altri “,ma riesce a mostrare possibili soluzioni di fondo pur inquadrate in un diffuso e persistente pessimismo. Quando s’innesta la strada dell’ostilità precostituita si può leggere anche questo,”
Il suo Papa non è uomo di fede potrebbe essere attore o fabbro ma non si deve staccare dalla prospettiva Divina “…”Qui sta la debolezza del film perché dei Sacri Palazzi Moretti sa ben poco”. Lo scriveva sul
Giornale Claudio Siniscalchi rivelando predisposizione acuta per il dogma,non riconoscendo che le vie evolute della spiritualità individuano la presenza dell’Assoluto nel quotidiano,dentro noi tutt’intorno a noi,e Dio lo si può incontrare anche al tavolo del bar.