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L’aria straniera del musical
“Les Misérables” fotografa la diffidenza culturale verso un genere
Quando gran parte della critica non ha la chiave di una porta straordinaria

A cura di FRANCO FERRI

I versi cantati non sono antitesi della recitazione e i loro suoni senza più confini sfociano nell’oceano delle espressioni evocando,intonando il coro di un’altra poesia. Il musical,con analogie e differenze fra teatro e cinema,ha concepito nella sua evoluzione un particolare meccanismo. Nella metrica della canzone viene integrata l’arte del recitare contraddistinta e richiamata a fondamentale stile di naturalezza che si dovrà armonizzare nella ricettiva profondità di musica e immagini. Il genere non ha mai incontrato grande favore in Italia,per quanto lodevoli eccezioni nel cinema hanno talvolta fornito segno contrario. La recente diffusione di produzioni teatrali improntate su una bassa qualità conferma l’esistenza del gap. Sotto molti aspetti l’arrivo del film di Tom Hooper certifica una diffidenza culturale di ampia gamma. Prendiamo in prestito le parole di Ferruccio Gattuso sul Giornale “ «Les Misérables» è,oggi,il musical di maggior successo della storia teatrale,ininterrottamente in scena a Londra dal 1985 esportato dopo il trionfo londinese in più di 42 nazioni,In Italia ? Più o meno,un Ufo “. Le opinioni dei critici si pitturano di certezza ma la scarsa dimestichezza con le fusioni musicali favorisce accidentati fuoristrada. “ Questo tipo di musical come vien detto è figlio dell'opera lirica ma nella sua versione pop allora,dovrebbe rispondere a criteri non dissimili".


Valerio Caprara
Valerio Caprara
Così parlò Dario Zonta su L’Unità manifestando apertamente la propria incertezza sull’identikit,perché  Les Misérables non è figlio diretto dell’opera,nonostante ne rappresenti l’evoluzione ormai lontana. Tantomeno è espressione di improbabili versioni pop che distolgono attenzione dal centro del film. Le reminiscenze in proposito di un autore dallo stile come Andrew Lloyd Webber,re dei teatri londinesi e del cinema (Jesus Christ Superstar,Evita,The Phantom of The Opera) non sono prossime al musical odierno. Molto più semplicemente la storia diretta da Tom Hooper ha caratteristiche nelle regole del musical tout court,un linguaggio originale ed autonomo. Quando parliamo di film chi oserebbe oggi dire,come quasi un secolo fa,che il cinema è un mix di teatro e musica ignorando una concretezza semiologica tutta sua ?  Paolo D’Agostini,La Repubblica ,con maggior sincerità non si nasconde dietro paraventi e denuncia assoluta idiosincrasia per il musical. “ Il cuore dei Miserabili va abbondantemente perso nella fatica dispersiva di seguire il suo corso piegato alla modalità canora.”  Quando le note ostacolano lo svolgimento di una vicenda.

Vincenzo Cerami
Vincenzo Cerami
Anche Valerio Caprara de Il Mattino si iscrive al corso di critica musicale ma come sopra non azzecca il sentiero giusto scambiando musical per opera e ascoltando...” l'insufficienza dei registri vocali concepiti per tenori,mezzosoprani,baritoni o basso-baritoni “. Eppure Javert (Russell Crowe) aderisce in modo lodevole al concetto naturalista che permea attore a cantante,venir giudicato negativamente per insufficienza di voce è un errore di metodo. Vincenzo Cerami in Domenica Il Sole 24 Ore vedendo Les Misérables con orizzonte allargato dice che il film è una “... non facile impresa di raccontarsi con il canto,con mezza anima nel teatro e l'altra mezza nel cinema,restituisce l'umanità del romanzo di Hugo anche grazie alle«sporcature» canore dei potenti interpreti “. In attesa del prossimo musical al cinema suggeriamo una rilettura del genere sottolineando studio della traslazione teatro-cinema (Les Misérables,Evita etc. etc) e del prototipo cinema- cinema,su tutti Moulin Rouge di Baz Luhrmann.