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Il monolite di Nolan è dentro noi stessi
Interstellar sintetizza la stanchezza della critica italiana di fronte ai grandi temi
Articolazioni e complessità sembrano bandite dal sistema informativo

A cura di FRANCO FERRI

Interstellar, un'immagine del film
Interstellar, un'immagine del film
Il panorama è desolante,l’humus della conoscenza quello capace di rendere rigogliose le radici della cultura appare inaridito e spento. Senza mezzi termini si fa vedere l’esito mediatico che sintetizza i giudizi su Interstellar presentandosi davanti agli occhi e nell’intelletto di tanti spettatori o lettori come fosse esattamente la prima parte del film di Nolan,dove il decadimento delle coltivazioni rendeva sempre più difficile il quoziente del vivere. Grandi quotidiani e network televisivi ne hanno motivato l’uscita con incalzante fastidio teorico ma sarà chiaro che il mais del film paradossalmente é meno perduto di certi critici e opinionisti di questo paese. Da un’analisi incrociata tra i punti salienti della storia e il minimo comune denominatore riassuntivo dei giudizi,si avverte palese timore del fulcro ideale perché in molti non capiscono la rivoluzionaria portata di alcune teorie. Il film stabilisce per capacità espressiva,ricchezza tematica e anelito iconoclasta una progressione cinematografica in sintonia con quest’epoca di grande cambiamento. Quando il paragone con 2001 di Kubrick non è a sproposito o di effetto colorato,rapporta con quell’opera un passaggio di testimone fra quarant’anni di evoluzione del pensiero umano. Nel tema di citazioni roboanti troviamo opportunamente in attesa Federico Pontiggia (Il Fatto Quotidiano) che sentenzia su Interstellar,“Più Matarazzo che Kubrick”. Non è tanto la dichiarazione un po’grottesca che colpisce e nemmeno l’improbabile nesso con la pellicola. Il fatto,vero,sta tutto nel non aver carpito le articolazioni colte che escono dallo schermo e il critico scambia il lirismo dei sentimenti per sentimentalismo per poi perdersi nel centro pregnante di parabole filosofiche delle quali ignora manifestamente principi e influenza narrativa. Ognuna delle parti nella storia trasmette fasi mai separate dalle altre stabilendo rinnovata frontiera della metafisica al cinema. Se la fantascienza ha perso il monolite (così affermava) vuol dire che la presa di coscienza voluta dal cammino umano decide scelte mai separate da determinismo sensibile e universalista. Un sentiero idealista è già nato,compenetrando esigenze pragmatiche e in sintonia di spiritualità.

Bertarelli, il male oscuro della noia
Bertarelli, il male oscuro della noia
Christopher Nolan autore moderno e intelligente sintetizza alla perfezione nel suo film questo spaccato del mondo. Tra le testate più diffuse,quelle davvero monolitiche per conservazione,spiccano Il Corriere della Sera dalle cui pagine Paolo Mereghetti dice.”Troppe spiegazioni scientifiche che richiedono almeno tre lauree in fisica teorica,troppe ambizioni filosofiche”,mentre Emanuela Martini sull’inserto domenicale del Sole 24 Ore suggerisce che “Il materiale sterminato lo fa sbandare narrativamente e visivamente in pratica,in Interstellar ci sono tre film”. La regola del tre non s’addice agli illustri opinionisti,molto grossolano risulterà non rilevare interconnessione e funzionalità tra i capitoli del film. Tutte le grandi opere hanno complessità di costruzione e nella loro architettura espressiva e tematica si potrà avvertire ciò che chiamiamo originalità e stile. Purtroppo da recensioni cinematografiche si deduce qualcosa di maggiormente insidioso presente nell’informazione e più in generale nella cultura italiana. Da anni esiste nel paese una manovra subdola per semplificare,far deviare ed evitare accessi più elaborati alle cose e ai sistemi. Qualcuno con scientifica naturalezza cerca di non far pensare gli individui credendo che la mediocrità possa essere un valore per addomesticare le menti. Infatti anche Roberto Nepoti (La Repubblica) mantiene coerente la linea d’ombra quando vede nel film elementi “troppo impegnativi” rilevando “confusione”,ma quest’ultimo è un problema solo interno a lui stesso. L’impegno oggettivo questi signori se lo dimenticano che,invero sarebbe l’etica deontologica di mediare per altri,rendere agibile,spiegando le sofisticate tematiche di un’opera. La crisi dell’Italia,prima di tutto culturale,si rileva anche dalla stanchezza della critica cinematografica. In tv va ancora peggio con le approssimazioni di Rai Uno. Cinematografo dedica al film evento dell’anno appena cinque minuti passandolo nella seconda mezz’ora,preferendogli Ficarra & Picone,il film di Olmi e quello su Franco Califano. Però è giusto aspettare per considerazioni di eccelsa levatura. Anselma Dell’Olio scandisce,“ Un film da buttare nei primi tre quarti d’ora,la complicazione di fisica teoretica non serviva” (torna il semplicismo !). Massimo Bertarelli e Valerio Caprara invece sono sbandati e tediati e,seppur la noia non può essere elevata a categoria di giudizio,con ogni probabilità hanno vissuto per approccio generazionale un trip troppo lontano dalla propria indole. Al di là di ogni giusta,parziale o sbagliata interpretazione Interstellar è straordinario messaggio per quel viaggio difficile,a volte impossibile,che facciamo giornalmente nelle nostre personalissime navicelle. Qualunque sia il percorso di navigazione di sicuro ci ha insegnato che possiamo renderlo attuabile consapevolmente,e non saremo più i naufraghi solitari della mappa circostante.
21 novembre 2014