George Clooney in Ave, Cesare!
Il ritorno di un film targato fratelli Coen è sempre un momento topico per gli appassionati di cinema. L’attesa poi lascia spazio alla riflessione,di certo
Ave,Cesare ! vorrebbe riproporre dietro l’apparente trama intessuta di didascalici riferimenti quelle intuizioni ispirate di verità sublime,percepite quanto ammirate in molte loro pellicole. Come in
A Serious Man,dove intorno ad un piccolo uomo c’erano grandi riferimenti che uscivano sornioni e potenti dal substrato apparentemente leggero oppure in
Ladykillers,eccentrica vicenda su un grottesco tentativo di rapina,dalla quale esalavano i tepori e i bisogni etici di una società in divenire. Quesiti allegorici usciti da racconti ambientati nel passato,così ancora una volta i Coen riprendono un personalissimo viaggio nel tempo per narrarci in filigrana,quello glorioso della Hollywood anni ’50.
Ave,Cesare ! nella definizione puramente analitica risente di un certo compromesso produttivo non ben calibrato tra entertainment e volontà meta cinematografiche,distratte quanto appena accennate. La convinzione di scrittura che porta ad annacquare taluni personaggi e determinate situazioni finirà per catalogare il film nello scaffale contenente le opere meno riuscite dei celebri registi del Minnesota. Tra i critici della carta stampata se ne fa subito un caso,Giorgio Carbone (
Libero) che si preoccupa delle reazioni sugli spettatori
,”Parte del pubblico non si commuove davanti all'operazione nostalgia e nemmeno davanti all'agitarsi spesso a vuoto del personaggio principale”,l’opinionista
finirà con una lapidaria affermazione che sa di epigrafe definitiva
.” Con il compitino corretto,non si fa quasi mai il cinema che conta ”. Tornava in scena il film sui film,stavolta tutto sembra più esteriore e inefficace rispetto al memorabile
Barton Fink,uno dei capolavori della filmografia Coen. Risulterà appropriato il paragone cercato in proposito da Aldo Spiniello (
Sentieri Selvaggi),
“ Lì (Barton Fink)
c’era ancora una vitalità che rompeva gli schemi,qui (Ave,Cesare!)
tutto rientra nei perfetti limiti del disegno. Non c’è nulla che svirgoli dalla precisa orchestrazione del plot,nei passaggi tra una scena e l’altra ”.
Anna Maria Pasetti
Anche dal punto di vista dell’intrattenimento qualcosa non ha funzionato,Maurizio Acerbi (
Il Giornale) recrimina che “
Nonostante tutto,ci si diverte poco e quello che promette sulla carta alla fine,il film lo realizza solo in parte manifestandolo più nelle intenzioni”. Tra i delusi vediamo Ferzetti,sferzante come non mai. Il critico del
Messaggero sostiene che
Ave,Cesare ! possiede
“ Una profondità fin troppo nascosta sotto la superficie. Peccato solo aver infilato fra gli sceneggiatori sovversivi un improbabile Marcuse da barzelletta. Anche i Coen ogni tanto dormicchiano. Gli artigli di Fabio Ferzetti azzannano la preda nelle giuste debolezze,ma il recensore di solito aveva molta riverenza per i grandi nomi delle produzioni,specialmente quando si trattava degli italiani. Tuttavia la pratica retorica che in questo frangente non gli appartiene risulterà invero molto praticata da altri colleghi perché esiste sempre la difficoltà a cercar di comprendere appieno risultanze ambigue o negative anche quando i campioni steccano. Prendiamo
Il Corriere della Sera per opinione del suo critico Maurizio Porro che dichiara.
” Delizia cinefila,i Coen non scelgono la nostalgia né il mito ma follia e manipolazione realizzando un film cinico,senza speranza se non nel business ”. Possiamo rispettare qualunque giudizio espresso,anche il meno approfondito,però quello di Porro mostra palese il vizio della distrazione in poltrona che si vuol correggere con lo sciroppo del verbo senza scadenza. Se qualcuno non avesse ancora visto il film,come non fidarsi dell’invito suadente su
Il Secolo XIX di Natalino Bruzzone ?
“ Nessun genere classico e i suoi corpi sfuggono ai Coen che mettono a segno sequenze irrispettose e irresistibili ”. Insomma un altro esempio di fiducia cieca nel momento in cui la melliflua filigrana,priva di nerbo,filmata dagli autori non esprime affatto il senso compiuto e profondo dei migliori lavori firmati Coen. La pellicola sarà apprezzata altresì da Alessandra Levantesi Kezich su
La Stampa,che semmai pone un limite ricettivo
,” Di essere maggiormente apprezzata da chi è in grado di capirne le tante allusioni. Riflessione sulla natura ambigua dello spettacolo,perennemente in bilico fra cialtroneria e momento di arte ”. La storia pullula di figure vicine all’ambiente delle produzioni che in ogni parte del mondo,Italia e Hollywood comprese,è sovente bazzicato da schiere di megalomani,faciloni e ingannatori. In molti non sanno quanto la bugia in quel microcosmo sia la divinità di riferimento,in effetti soltanto chi ha avuto modo di aver accesso all’habitat,spesso poco magico,può rendersi conto quanto fiction e falsità reali possano combaciare. In ragione di ciò,chi ha frequentato il dentro di set e produzioni può tradurre con assoluta certezza che le sequenze intorno al mestiere cinema di
Ave,Cesare ! rispondono all’esigenza di opportuna traslazione artistica in modo metaforico pallido ed espressivamente scontato. Simpatica e un po’malinconica risulterà la nota di Anna Maria Pasetti (
Il Fatto Quotidiano) che rapporta cinefilia a cibo
.” Vedere un film di Ethan & Joel Coen è come cenare nel proprio ristorante di fiducia,sai che non ne uscirai deluso. Certo,può capitare anche quel piatto meno riuscito “.