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Cinema italiano: Bisogna saper perdere
La bolla mediatica che scommetteva sulla vittoria dei tre film italiani a Cannes
Il ritorno alla realtà è un duro colpo, dalla giuria dei Coen filtra qualcosa in più

A cura di FRANCO FERRI

Jacques Audiard e la Palma d'Oro
Jacques Audiard e la Palma d'Oro
Una delle più incredibili bufale dell’informazione si è sviluppata negli ultimi mesi all’indomani della chiamata in concorso a Cannes di tre film italiani. Tutti a fare pronostici di sicura vittoria al festival che ormai da tempo ha assunto lo stesso significato nazionalista del mondiale di calcio. Chi poteva contrastare la nazionale con tre punte del calibro di Moretti,Sorrentino,Garrone ? Nessuno al mondo avrebbe resistito alla forza geniale delle loro opere ! A spegnere l’entusiasmo di carta cominciava proprio uno dei protagonisti,Nanni Moretti,che affermava come la larga presenza sulla Croisette non corrispondesse ad un momento culminante dell’intero cinema italiano ma tuttalpiù rappresentava,” la somma di exploit individuali ”. Il verdetto finale riportava i film tricolori alla dura realtà che era quella di una sopravvalutazione provinciale a fronte di giudizi internazionali non certo da primato. Qualche plauso è andato a Mia Madre di Moretti ma a Il Racconto dei Racconti di Garrone secondo il Critics Rating,speciale graduatoria tra critici internazionali presenti a Cannes,va riservato il quart’ultimo posto. Youth – La Giovinezza si fermerà in dodicesima piazza tra quelli della selezione concorso,soltanto il giornale francese conservatore Le Figaro lascerà il sorriso di un giudizio positivo al film di Sorrentino. I quotidiani italiani nel clima di pensiero unico l’hanno presa male ma continuano a lanciare strali di gloria,in prima fila La Repubblica che nel servizio di Arianna Finos pubblica,“ I nostri film escono a testa alta,apprezzati dalla stampa e dal pubblico:«La Giovinezza» ha superato in quattro giorni un milione e 700rnila euro di incassi (in Italia ndr. ) “. Il critico del Corriere della Sera,Paolo Mereghetti resta impietrito mettendola sul personale,” Continuerò ad amare i Coen come registi,ma come presidenti di giuria devo dire che hanno deluso”. Invece gli autori di Non è un Paese per Vecchi sono stati aderenti a quel titolo e vanno incontro a pellicole in qualche modo vicine al loro mondo,” Ci siamo entusiasmati per i film in cui ci siamo riconosciuti ”,diranno eccitati da questo compito affascinante. Sempre Mereghetti pone la questione su un tema caldo ed equivoco,” Il cinema italiano ha vinto a Cannes solo quando c'era un connazionale in giuria ”. Fa eco su La Stampa,il direttore del Festival di Venezia Alberto Barbera,insistendo sul fatto che “ Si è sentita la mancanza di un italiano in giuria”. Costoro con discutibile senso della lobbystica e impressionante,aderente cultura dell’inciucio pensano ad un festival artistico da gestire con la prepotenza,i  favori,gli scambi tipici della politica nazionale. In effetti un politico a Cannes è arrivato,Giuseppina Manin sul Corriere annuncia la presenza del ministro dei Beni Culturali Franceschini che ribadisce la tesi del giocatore in più,“ La presenza tra loro di un italiano,capace di sostenere le nostre ragioni,poteva essere preziosa “.

Stenio Solinas
Stenio Solinas
Tutti sanno quanto cinema italiano e politica siano legati da corda stretta. La quasi totalità della filiera che accorpa televisione,cinema,settore distributivo è dipendente dagli uomini della politica inglobando industria e cinematografia in una casta privilegiata senza confronti ma Franceschini si è fidato troppo dell’ottimismo dilagante e la missione trionfante naufragò. Qualche critico in modo più analitico cerca di vedere oltre il tifo cieco e gli interessi di parte,Fabio Ferzetti su Il Messaggero afferma “ Nemmeno un premio all'Italia. È un affronto? È un'ingiustizia? È uno schiaffo all'orgoglio nazionale? Conoscendo il nostro paese e il piccolo mondo del cinema,sensibile ai premi e incapace di vero rinnovamento,sentiamo già montare le geremiadi (lamenti ndr.) ”. Sotto la coltre evanescente di fierezza patria da altri tempi si è tentato di nascondere con la complicità dei media,televisione in testa,non solo una verità artistica ma l’intero significato di un grande evento come il Festival di Cannes. Al proposito un’interessante nota di Andrea Martini su Il Giorno cerca di restituire dignità al lavoro dell’informazione. “ Il cinema italiano è troppo disposto alle celebrazioni e poco alle riflessioni,specie se amare. Uffici stampa,agenzie,programmi tv e colleghi giornalisti hanno favorito la bolla mediatica fornendo un quadro un po' irrealistico di una facile vittoria dei film italiani “. Stenio Solinas,opinionista de Il Giornale,in controtendenza con la voce uniforme proveniente dalla galassia Berlusconi interessata a Youth,dirà come epitaffio sui film italiani di Cannes 2015.“ Siamo considerati una cinematografia di cui si può fare a meno,una cinematografia marginale,da terzo mondo neppure emergente,cui gettare uno sguardo distratto.” Qualcuno si consola pensando di tirare discredito sulla giuria e su qualche eventuale lotta che abbia favorito altre pellicole. L’attrice in giuria Rossy De Palma si confessa con innegabile chiarezza sulle pretese italiane.“ I film italiani non sono mai stati realmente in gara,«Mia Madre» è sembrato un film di impostazione vecchiotta e Sorrentino non è mai entrato nella discussione dei premi ”. Il festival semmai ha confermato la chiusa tendenza del cinema italiano ad un’involuzione che lo separa per linguaggio,tematiche e stili dalla contemporaneità cinematografica di altre nazioni. In modo congenito Garrone,Moretti e Sorrentino indugiano al senso del passato con troppo accademismo mentre la Palma d’Oro,Dheepan di Jacques Audiard,descrive in maniera colta e impresssiva grandi temi,presenti,legati al mutare sociale. C’est la difference.
31 maggio 2015