Michael Fassbender in 'Shame'
Quello che sorprende nel calderone delle opinioni su
Shame non riguarda le tematiche squisitamente cinematografiche,peraltro espresse in molti casi con opportune analisi,ma i risvolti di costume che prendono il sopravvento quando l’argomento centrale è il sesso. Ci fa sorridere il fervore di alcuni critici forse imbarazzati,probabilmente non neutrali e coinvolti in una riedizione tardiva di un tabù che ha evidente zoccolo duro nel paese. Sul
Corriere della Sera scrive Maurizio Porro
,” Un po' moralistico il chiacchierato film di Steve McQueen lo è già nel titolo che induce a equiparare sesso e vergogna ”. Il regista londinese ha adottato questo titolo,appunto vergogna,perché nel preparare il film ha contattato molte persone sesso dipendenti e ascoltando le loro esperienze si è accorto che tutti in fondo motivavano un complesso di colpa,provando vergogna.Nel film non è rilevabile unatteggiamento di accusa o d’impronta morale,la ragione della storia ha casomai forza demistificatoria per approdare ad un ritratto disilluso dell’essere contemporaneo.
Gabriele Romagnoli
Ci viene in aiuto lo stesso McQueen che dice. “
Shame,affronta la natura profonda e oscura dei nostri bisogni. E’un film politico emotivo,racconta come la vita sia influenzata dal sesso",averlo ambientato nella Grande Mela fornisce un substrato iconografico non secondario,
” New York è l'epicentro del capitalismo,ne mostra tutte le derive e da un punto di vista scenografico la sua verticalità estrema tutta cielo e finestre è totalmente affascinante “. Qualcuno continua a parlare un'altra lingua insospettandoci sulla forte probabilità di aver visto altro film non soltanto con la mente ma anche con gli occhi. Prendiamo Maria Rosa Mancuso sul
Foglio,va direttamente alla sentenza per l’imputato,”
Shame è un porno britannico con tocchi di esistenzialismo e capiamo l’imbarazzo per un film risciacquato e disinfettato nella candeggina”. Sul
Giornale,Massimo Bertarelli pare inviperito sulla stessa lunghezza d’onda
,” Michael Fassbender è il Rocco Siffredi tedesco ”,e nello stesso paragone con il porno attore italiano più o meno si appoggia l’altro quotidiano milanese,
Libero.La pista erotica nel film non è così esageratamente transitata,dal punto di vista dell’efficacia si mostra nel suo aspetto introspettivo,di
liaison con le modulazioni dei personaggi,da non confondere con l’esibizione voyeuristica,tipicità del genere porno,cui non appartiene questa pellicola.
Gianni Canova
Si può convenire che le opinioni sopra evidenziate hanno una comune provenienza conservatrice indotte a far presa su un segmento notevole di pubblico timorato ma il vento dell’opinione pubblica soffia spesso in modo trasversale. Leggete con attenzione cosa scrive Gabriele Romagnoli su
La Repubblica,in un’interpretazione tutta sua di
Shame sottintesa di autocompiacimento nell’affermare qualcosa che deve stupire per forza. “ La storia
è,alla fine,un thriller sul maschio contemporaneo,un serial killer che ha semplicemente sostituito gli amplessi agli omicidi “...“ E invoca alla fine un solo sollievo: molto più duraturo dell'orgasmo: l'arresto.” Ben lontana dal rappresentare,anche sotto allegoria un thriller,l’opera di McQueen ha in chiaro prospettive non celate ma calate nel tormentato inconscio del protagonista Brandon,il quale non finirà in un vicolo cieco autopunitivo,ma risulterà circondato da disperazione e pessimismo. Esprime altrettanto chiaramente profondità inconscia il giudizio del notista di
Repubblica,il quale equiparando sesso a delitto non fa che riproporre senza volerlo la cultura del tabù, peccato e punizione,in una vicenda quanto mai agnostica da questo versante. In conclusione vogliamo dare spazio a opinioni che hanno distillato il profondo di un film importante. Gianni Canova sull’inserto
Saturno de
Il Fatto Quotidiano si esprime in tal modo
“ Michael Fassbender è dominato dal desiderio di morte fin dalla prima inquadratura”..”come se il regista britannico volesse fare di lui una sorta di martire laico travolto dalla sua stessa ossessione compulsiva. “ Fabio Ferzetti sul
Messaggero coglie in sintesi una fusione pittorica impressiva di
Shame.
“ La solitudine dei personaggi sul bianco accecante delle epidermidi e sulle tinte livide di una New York tutta vetro e acciaio,danzando sull'orlo di quel vuoto che è il vero soggetto del film.“