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Babylon: L’immortalità che nasce dai sogni
Damien Chazelle racconta la Hollywood delle origini con un’ottica speciale
Il passaggio tra muto e sonoro diviene epopea per un’arte di slancio infinito

Margot Robbie e Brad Pitt in Babylon
Margot Robbie e Brad Pitt in Babylon
C’è un condotto sottile che caratterizza con tenacia i lavori di Damien Chazelle indicando nell’instabile massicciata del percorso il senso creativo dei passi,quelli preposti a splendide idee,grandi speranze,compromessi e conflitti. Guida quasi sempre vite ed ideali al punto di non ritorno dove s’intravede la tangibilità dell’empireo ma in un attimo il terreno può franare rendendo insopportabile la ferocia della sconfitta. Babylon sottolinea con ulteriori diramazioni i capisaldi dei suoi più personali film (Whiplash, La La Land) proponendo nella distanza epocale e dalla cronistoria un quantum contornato di mitico che ritaglia la dimensione del significato esistenziale proiettata in un cosmico fatalismo. Il cinema richiama incanto e aspirazione per renderti ciò che sei,per cancellare il peccato originale di una vita sbagliata,o forse per accentuare cinicamente il dolore che essa provoca. Sarà il double face di tale incerto enigma a rappresentare sullo schermo il senso del destino e del suo segreto cerchio. L’attore esemplifica nei ruoli svolti la complessa allegoria che ricrea l’immortalità dell’essere. Interpreta tante vite diverse in storie disparate nelle quali i personaggi incarnati non sono altro che la traslata riedizione di un disegno universale dal calore inconscio. Un film quale supporto tecnologico condensa,registra quelle particelle esistenziali che raccontano persone e fissano volti,ha in se la propensione dell’infinito dove il tempo non scorre mai. Tra cento anni quando quell’attore non ci sarà più potrà essere visto da chi oggi non é ancora nato e avrà la stupefacente visione di ammirare caratteristiche,sfumature di un uomo sempre vivente che appunto rimane immortale. Un circolo dei sogni che troverà nelle fondamenta del cinema l’adeguato ipnotismo per far emergere lo spazio profondo della magia umana,quantomeno le sue inquietudini inglobandone le stesse caotiche,incorreggibili ambiguità. Hollywood beneficia a buon diritto del titolo di tempio di laica sacralità contemporanea,Damien Chazelle non la studia attraverso il filtro del dogma e della celebrazione retorica ma adotta un immaginario che ricordi il metodo psicanalitico tra schietta edificazione e prospettiva da sogno lucido. Babylon per ottenere l’idonea chimica riporta la terra del cinema alle origini,un’ambientazione nella Los Angeles di quasi un secolo fa quando tra acri di agrumi e luce naturale in abbondanza le pioneristiche imprese cinematografiche si stavano ingigantendo e soprattutto mentre incombeva la grande rivoluzione del sonoro. In quegli anni venti di notevole fermento s’incrociano grandezza ed energia decadente,quasi in sincronia Proustiana,la fanciullezza del cinema con la compiuta comunicativa del linguaggio muto sa imprimere spessore al crescere di un’arte,eppure il repentino avvento della parola sta causando il tramonto di star e icone dell’epoca che lo vivranno al pari di una tragedia. Il film si apre nel bel mezzo di una sontuosa e dionisiaca festa tra ospiti più o meno illustri cercando di cogliere dalla regressiva visionarietà un momento archetipo tra compulsivi balli,musica stupefacente ed esaltazione del vivere lontano dai tabù. Nelle stagioni formative del cinema si può afferrare l’intima,allucinata suggestione di una società che dona per talea alla sua giovane creatura l’immenso,istintivo,patrimonio di sentirsi ed esprimersi in totale libertà. Un impasto di elementi che formeranno nella pellicola uno stile ammaliante intriso tutt’intorno di sguardo Felliniano. Se però Fellini pone al centro delle discese interiori la sensazione oppressiva del peccato,Chazelle con inflessione di stampo Junghiano osserva distaccato quanto il dualismo tra bene e male sia del resto all’origine di mutazioni evolutive. Gli inferi saranno parte integrante della storia contribuendo al viaggio superlativo della settima arte che tenderà per indole ad accostarsi all’astrazione musicale. Babylon combina un cammino di ossessione e luminosità che aleggia sotto e sopra gli eventi,una sorta di odissea psichedelica manovrata dalle inconfondibili eccitazioni umane,e riesce a divenire speciale.
Franco Ferri