
Tra le caratteristiche implementabili in questo film,ricchissimo di temi e di una messa in scena superlativa da studiare attentamente,ci sono interazioni molto particolari. Le lotte antagoniste rimandano a fattori e luoghi riconoscibili del panorama attuale statunitense. Le battaglie per il controllo sociale diventano magma infuocato provocando naturalmente aspri rilievi che focalizzano progetti e problemi politici incompatibili di altissima deflagrazione. Possiamo avvertirle sia sul piano delle descrizioni che negli immediati riflessi figurativi,il fulcro di queste lotte campali si anima e scopre contiguità negli oscuri conflitti interni dei protagonisti facendo insorgere una motivante cifra di impulso sulla storia. In ogni personaggio di primo piano e perfino nei secondari troveremo movenze,metabolismi reattivi,di opportuna rappresentazione. Usano l’esaltazione e si possono cospargere di ambiguo ruolo ma tutti,a prescindere dallo schema in cui volessimo catalogarli,fanno rilucere la loro catarsi passionale che detta regole,regge il percorso intrapreso esibendo le scelte magniloquenti di ciascuno.
Paul Thomas Anderson pensa e disegna una traccia molto importante di quest’epoca,intercetta un passaggio sofferto del paese traendone una sintesi analitica e molecolare mentre il concetto essenziale di libertà per come l’abbiamo conosciuto potrebbe ridursi a diritto esclusivo di pochi. Racconta la sua versione di scontro americano,che sta allargandosi al mondo intero,circoscrivendo un’ostilità assai plausibile tra accaniti sovranisti e un gruppo ribelle a difesa delle minoranze aggredite. Cosparge quella caotica umanità di maledetto esistenzialismo permettendo un agire che mette le ali e ci fa rammentare quanto il cinema per fortuna ogni tanto debba essere un faro di contropotere. Non è una manichea rivalsa tra buoni e cattivi da classico film,la intende da un punto di vista sostenibile,contrastato e colmo di originalità con toni peraltro congeniali. Ritorna con il suo stile,un coinvolgimento interpersonale che seziona e si espande per ellittica perifrasi nel circostante quale luogo di genesi,di attesa e di azione dell’individuo. Le certezze dei sentimenti in
Una Battaglia dopo l’Altra sono anch’esse trascinate sull’orlo del dubbio portando l’accettazione di se stessi a scontrarsi con sofferenza nel dolore che pare soffiare sul vitalismo dei caratteri. Le sicurezze si rompono brutalmente fomentando corpose,grandi rivoluzioni intime,ma è un combattimento che può aver la forza seppur con fatica di generare redenzione. Accadeva nella sostanza al cinico Frank (Tom Cruise) in
Magnolia e nel film presente riemerge una parabola similare grazie al Colonnello Lockjaw (Sean Penn),uomo nevrotico dal forte impatto contraddittorio e aggressivo. La capacità degli interpreti di plasmare i comportamenti dandogli l’imprimatur della maschera permette all’espressività dei ruoli di favorire e rendere schietta una fotografia non convenzionale degli Usa congeniale sul piano metaforico. Così anche Bob (Leonardo DiCaprio),Perfidia Beverly Hills (Teyana Taylor),Deandra (Regina Hall),Willa (Chase Infiniti) e Sensei (Benicio Del Toro) contribuiscono con il loro temperamento,con l’affiorare di inconsce sfumature a emulsionare per certo differenze personali di spaccato culturale,ma facendo rilevare straordinaria consanguineità,somiglianze,tra questa America divisa dai legami sommersi quanto figlia legittima di una comune discendenza senza barriere. Una pellicola stupenda che potrebbe divenire un giorno prezioso documento quale miglior simbolo cinematografico di questi anni convulsi e burrascosi. Un po’come era avvenuto per storici film che divennero manifesto di reali fenomenologie proprio nelle stagioni e nei momenti chiave in cui si andavano palesando nelle società. Al proposito ricorderemo qualche campione di rappresentanza,
Tempi Moderni di Charlie Chaplin (anni trenta),
I Migliori Anni della Nostra Vita di William Wyler (anni quaranta),
Gioventù Bruciata di Elia Kazan (anni cinquanta),
Easy Rider di Dennis Hopper (anni sessanta).