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Il Meglio e il Peggio del mese
BLACK PHONE di Scott Derrickson
Sceneggiatura di Scott Derrickson, C. Robert Cargill

Con Mason Thames,Ethan Hawke,Madeleine McGraw,Jeremy Davies

La stagione estiva porta costantemente in sala tanti horror come fossero un rimedio farmaceutico al caldo ossessivo e a possibili colpi di sonno ma si dimenticano in breve. Questa storia è un’altra cosa,ha insita l’adrenalina,e non andrà confusa con gli stereotipi che abbondano in pellicole ripetitive aduse all’abbondanza di colore quanto carenti di forza narrante. Significherebbe sminuirlo,scegliendo di accostare per semplicità Black Phone ai luoghi correnti del genere horror. Fruisce di una veste inusuale elaborata per intrigare come del resto per afferrare complessi temi ambientali. Prossimo all’indole del thriller multifacciale non persegue facilonerie da rumori di fondo ma fa suo un indirizzo che intercetti aspetti misteriosi oltre il fondale della realtà. Il film è prodotto da Blumhouse,factory indipendente,che ha costruito nel marchio il centro di approdo qualitativo verso orizzonti sempre da rinnovare. Tra gli altri ha realizzato,Get Out – Scappa e Noi di Jordan Peele,titoli che si possono definire d’autore in queste categorie divenendo anche campioni d’incasso. Rispose a tali requisiti l’altro fiore all’occhiello della casa,Split di M. Night Shiamalan,ma le suggestioni che l’impresa fondata da Jason Blum nel 2000 rimanda alla storia del cinema sono in parallelo con un’altra grande produttrice del suspense,l’inglese Hammer Film,molto attiva tra gli anni cinquanta e settanta .La storia presente viene tratta da un racconto di Joe Hill ambientata nel 1978,traduce la cronaca di crimini seriali in cui sono stati protagonisti sfortunati alcuni adolescenti che vennero rapiti e uccisi. L’ultimo dei quali,Finney,verrà portato via per strada e condotto in un seminterrato di una tipica casetta apparentemente tranquilla. Il rapitore in maschera lo tiene in ostaggio quasi avesse un progetto rituale per poterlo annientare,noteremo nella spartana prigione appeso al muro l’esistenza un vecchio modello di telefono con filo reciso pertanto inutilizzabile. Nonostante le apparenze l’apparecchio andrà a squillare spesso e ciò che sorprende sono presenze di voci dall’altra parte che vogliono parlare con il ragazzo. Appartengono a coloro che furono soppressi dal criminale,irrompono nel tentativo di dargli un aiuto tentando di evitargli stessa sorte,ma l’orologio non sembra lasciare molte chance per cambiare gli eventi. Per farsi un’idea avvicina le descrizioni ambientali a quelle storie di ragazzi avvolte nel grigio relazionale,e al trend non certo formativo della vita di famiglia,che piacciono a Stephen King. Il passaggio dall’adolescenza all’età più matura è complesso ma il mondo adulto non sa rispondere con efficacia a sollecitazioni che guardino innanzi. Una differenza,una distanza fatale,che contestualizza nel film due forme della realtà nel particolare quando nella vita cittadina piomba il dramma di quei gesti criminosi a discapito dei giovani innocenti. E’ il collegamento intimo se non speciale tra loro a sopravanzare la deriva dei grandi,a volere quel riscatto che cancelli con solidale volontà il baratro della tragedia. Rialzarsi rifiutando l’esistenza che accetta supina la palude dell’horror quale malvagia consapevolezza umana. Il telefono nero catalizza un altro livello dimensionale di fratellanza che si lega comunque al reale e può modificarlo. Attraverso il gioco della cornetta irrompe la speranza,si materializzano sogni,prosegue la conoscenza,s’intreccia il filo invisibile della connessione che ancora ci mancava. Il regista Scott Derrickson mette una manualità artigianale nelle sequenze,ha grande dimestichezza con i confini del fantastico,sua è anche la firma sul primo Doctor Strange.