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Quando Hitch raccontava i film a Truffaut
Hitchcock/Truffaut dentro quella speciale amicizia che cambiò il cinema
Un documentario sull'importanza della critica per ribaltare schemi desueti

François Truffaut mentre intervista Alfred Hitchcock
François Truffaut mentre intervista Alfred Hitchcock
Il documentario realizzato da Kent Jones,Hitchcock/Truffaut,non va per nulla considerato sulla falsariga di un’accademica cinefilia. Ogni spettatore che ha interesse a vedere,studiare,comprendere il cinema contemporaneo dovrà fissare un obbligato appuntamento per assistere a questo documento di eccellente divulgazione prospettica. Avvalendosi di contributi con interviste a vari personaggi che dall’apprendimento dell’opera hitchcockiana hanno sviluppato in seguito una carriera nel cinema di alto profilo,il lavoro inizia da una pietra miliare di assoluto valore letterario. Il Cinema Secondo Hitchcock (Ediz. Il Saggiatore) è un testo divenuto fondamentale per tutti coloro che amano e seguono la settima arte,un racconto possiamo definirlo ben al di là di una formula didascalica intorno ad un’intervista. L’occasione fu data da François Truffaut,giovane cineasta quanto apprezzato critico cinematografico dei Cahiers du Cinema,quando incontrò Alfred Hitchcock a Los Angeles per discutere sui film e più in profondità sull’opera di colui ritenuto da François un grande maestro. Nel 1962 Truffaut coabitava in perfetta armonia l’impegno di film maker con quello di critico e studioso,tanto è vero che l’organizzazione di questa intervista fu come pianificare un piano di produzione cinematografica. Tutti i dettagli tecnici e relative domande furono preparati meticolosamente per essere inseriti in una grande registrazione sonora;contemporaneamente l’uomo regista stava predisponendo una delle sue più importanti pellicole,Jules e Jim. In quegli anni la rivista fondata un decennio prima da André Bazin stava rivedendo i criteri genetici del cinema portando al centro di un punto di vista le qualità individuali che favorivano la nascita di una storia. Quindi furono gli autori e la posizione primaria dell’individualismo creativo a determinare un’angolazione nuova,analitica del film che facesse osservare una pellicola con la stessa concettualità già in uso per le opere dei letterati. Nei confronti di Hitchcock in quegli anni esisteva a larghe falde un pensiero recensorio assai generico che classificava spesso la sua filmografia con etichette sempre vicine a schematici,conservatori luoghi comuni sul cinema d’intrattenimento. Le posizioni di Truffaut al riguardo divenivano innovative e rivoluzionarie facendo conoscere al mondo intero quanto un film giallo o thriller potesse oltrepassare il recinto di regole consolidate sbarcando sulla riva del cinema importante. Non dimentichiamoci il modo in cui questo approdo derivava da uno studio approfondito,dettagliato e libero da precedenti cristallizzazioni;il fattore interpretativo e gli articoli di François Truffaut su Alfred che discernevano orizzonti insondati producevano rumore negli ambienti culturali dell’epoca. Ora però il giovane appassionato poteva mediare e dimostrare con l’intervento diretto del celebre artista a protagonista assoluto le proprie cognizioni fiancheggiatrici di un mondo che stava radicalmente cambiando. Hitchcock/Truffaut conduce gli spettatori in un clima prossimo alla conoscenza tout court,quasi fosse una lenta inesorabile discesa nei vertigo più celati di un uomo che visse per il cinema. La conversazione tra i due,ancor meglio di una gelida intervista,comincia con intuitiva e fresca voglia di scoperta a sezionare film come Sabotaggio (1936),le due versioni de L’Uomo che Sapeva Troppo (1934 - 1956),La Donna che Visse Due Volte (1958) fino a Psyco (1960) e Gli Uccelli (1963). In ciascuno di essi l’idea di suspence,che può contemplare il richiamo di un genere,non sarà parallela e sinonimo di paura come si era sempre pensato. Realizzare una sequenza in tal stile prenderà le mosse dall’immagine di sospensione,perciò un dinamismo che contempli la messa a fuoco del personaggio,nell’incedere silenzioso,nel divenire interiore,mentre va a costruire un’ambiguità multifacciale tutt’intorno con geometrica ascendenza da essere comunicata emotivamente a chi sta in poltrona. Hitchcock dice che l’emozione nata da un film accumuna gli spettatori in ogni angolo del mondo,questo fa del cinema il miglior mass media del pianeta,anticipando con grande senso profetico quello spazio di condivisione globale,comunque diversa,oggi sostenuta dal vedere un certo film ovunque. I film di Hitchcock in molti casi sono stati d’auspicio per scelte vitali di spettatori che poi divennero autori. Le folgorazioni non riguardano solo Truffaut ma anche Martin Scorsese,Peter Bogdanovich,Olivier Assayas,Paul Schrader,Wes Anderson e soprattutto David Fincher che più di ogni altro ha recepito la sua lezione in modo egregio ai nostri giorni. Costoro portano nel documentario una testimonianza diretta su quello stilismo di rappresentare storie e uomini che ha cambiato l’espressione di far cinema. La realtà odierna non potrebbe essere riprodotta senza quel tocco metafisico dalla struttura precisa e architettonica che iniziò Alfred Hitchcock. Usando un filo sottile e di rara natura possiamo intessere in una vicenda filmata l’impatto misterioso dei legami umani che spande coinvolgimento da una sceneggiatura. Forse in maniera più congeniale e demistificante lo stesso Hitchcock verrebbe a dirci che ce la stiamo prendendo troppo a cuore e con incombente ansia,“In fondo sono solo dei film”.
Franco Ferri
10 aprile 2016