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Parasite: Le emozioni di un capolavoro
Il dominatore degli Oscar 2020 lascerà un’impronta nella storia del cinema
Il regista coreano fa il Darwin cinematografico scegliendo i toni dell’inconscio

Cho Yeo Jeong: Ruolo fondamentale in Parasite
Cho Yeo Jeong: Ruolo fondamentale in Parasite
Questa è la pellicola che finora ha saputo raccontare meglio di altre la rarefatta e poco tradotta condizione umana dei nostri giorni. La parabola locale che racchiude uno schema di racconto comprensibile ad ogni latitudine,capace d’imprimere nei segni ampia ed esplicita parafrasi di quel modus latente codificato insito nel vivere di un pianeta da fotografia insostenibile. Il dettaglio e la visione guardano allo scorcio malsano della sopravvivenza quale rituale di riferimento impoverito di un giusto grado di coscienza che argini l’imbarazzo di un eventuale riscatto inglorioso. Nel verbo scandito dalla lingua del denaro si distende il tentativo di annullare l’atavica differenza sociale da parte di una famiglia che vorrebbe l’agio e la presunta tranquillità della vita benestante. Progresso e avanzamento genuino non sembrano però gli alleati consoni dell’unica concretezza dei soldi auspicata in fondo per sentirsi devoti all’omogeneità del consumismo. Nella fidelity card di questo temperamento contemporaneo non c’è voglia di riconoscersi in categorie cristallizzate di subalternità tantomeno di accettare per indotto un organizzato solidarismo di classe. I personaggi di Parasite dopo aver adattato le proprie vite nel mucchio scoprono di potersi differenziare dal trend ritenuto parassitario,uno standard che conoscono bene. Vogliono distinguersi da esso con opportuno estro perché sentendosi insigniti di talento fatale indicano nelle tristi dimore dei seminterrati i luoghi scomunicati e disgustosi da evitare. Il particolare habitat,grazie al supporto stilizzato,reso pregnante da geniali sfumature trova attuazione col riconoscimento dei principali Oscar 2020,trasportando nella leggenda una trama incendiaria che osserva rapporti disinvolti nonché tentativi di evolvere da parte di uno speciale gruppo di umani scarafaggi visto in divenire. Bong Joon Ho si mette nei panni del Darwin cinematografico,l’osservatore che studia le creature nell’attimo di mescolarsi con un livello arduo e superiore. Mentre tentano di forgiare nel contatto biologico e nelle relative conseguenze dimensionali la genesi di una possibile nuova specie. C’è un percorso tortuoso quanto affascinante che si consolida nel film espandendosi attraverso un effetto domino di emotività. Nasce dall’inconscio dei personaggi determinando un punto di partenza psicogeno che cambia e ridisegna radicalmente il progetto delle situazioni,si frappone all’ipotesi misteriosamente arcana in maniera da infondere sui capitoli un alone di sensazione metafisica. Riesce per tali parametri ad ottenere un rilevante accento drammaturgico quanto in parallelo a scoprire dall’emersione la natura profonda di individui differenti nella scalata come nell’impasse. Parasite non avrà mai necessità narrativa di sedimentare nel groviglio sperimentale tonalità o schemi sociologici,preferisce la scacchiera in cui pedine e movimenti rilasciano impulsi diretti non previsti sconvolgendo le linee di apparenza geometrica all’interno di uno status quo originario. Otterrà nel risultato culminante un’immagine completa ed emblematica sulle impronte contrassegnate dall’erosione contemporanea. Nell’assetto principalmente impressionista dove le variabili del racconto trovano agibilità percettiva,peraltro d’intuizione immediata,hanno valore intrinseco aspetti e contrappunti che sono mescolati nell’orizzonte o nell’attigua spazialità delle location. Spesso sono le gradazioni della solarità intercalate alle oscurità tempestose di un meteo che si trasforma in parte integrante della scenografia interna ed esterna. Non equivalgono a semplici colori di rinforzo ambientale o contrasto intensivo su ciò che sta accadendo ma metteranno in scena la parte più sottilmente emozionale liberata dalle energie naturali. Andranno a potenziare un criterio costruttivo che avvicina Parasite al concetto di arte,aiutando a comprendere in qual modo l’ideale antropologico possa essere affiancato o distratto dall’intervento insondabile esterno,sia esso di moto casuale quanto celato in raggelanti coincidenze. Sono effetti energetici di pura intensità che in positivo e negativo,incalzano oppure contrappongono,le medesime caratteristiche degli uomini,ora manifestate con calma incantevole,poi agitate da bieca violenza. Incombe il ritratto pessimistico e modellante di una condizione speculare che accosta comunque uomo e natura,ma in luce cinematografica questo era uno dei teoremi preferiti da Martin Scorsese in Shutter Island (2010). Il regista coreano dimostrerà tutto il rispetto che nutre verso l’autore newyorkese con la singolare idealità racchiusa nell’intreccio. Un ringraziamento devoto e modesto che attesta come gli studi del linguaggio possano servire a continuare sviluppi e le realizzazioni di grandi affreschi del cinema.
Franco Ferri
1 aprile 2020