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Cinema di un Dio minore
Il David 2016 incorona con tanti premi Jeeg Robot e Il Racconto dei Racconti
Si sdogana e si accontenta il cinema medio basso ma all’estero non e’così

Una scena da Lo Chiamavano Jeeg Robot
Una scena da Lo Chiamavano Jeeg Robot
Sette David per Lo Chiamavano Jeeg Robot,di nuovo sette per Il Racconto dei Racconti,un risultato parallelo che s’incunea sul trono del vincitore,Perfetti Sconosciuti,come miglior film italiano dell’anno. Questo è il verdetto che in qualche modo offre la sintesi del 60* David di Donatello. Se il richiamo ad una simbologia in cui il numero sette rappresenta un disegno di perfezione criptica sottilmente espressiva al volere della premiazione,al contrario sotto un profilo strettamente legato al linguaggio e all’estetica dei film possiamo di certo affermare che l’edizione 2016 consegna agli annali un’idea di cinema loggiata all’elogio della mediocrità. Il più importante riconoscimento del cinema italiano,quello che per tradizione elargiva onorificenze alla competitività di pellicole rimaste nella storia,sta divenendo in parallelo con la spiccata decadenza culturale del paese punto d’incontro annuale di una cinematografia senza qualità. Un premio prestigioso non può essere abbinato per identificativo alle 14 statuette de Lo Chiamavano Jeeg Robot e Il Racconto dei Racconti,produzioni votate all’intrattenimento o aulicamente decorative,molto lontane da un cinema che valga questi anni di cambiamento. Almeno potevano premiare Fuocoammare,per salvare la faccia e riconoscere quel passo di film vicino alla contemporaneità sociale drammaticamente reale,ma con tutta probabilità avrebbe creato problemi politici e polemiche delle quali l’ambiente accademico del David aveva oggettivo timore. Certamente in un’ipotetica ottica assolutoria dovremmo aggiungere che i riconoscimenti annuali vengono elargiti in base a quanto passa il convento e il menù filmico non offriva largo talento. Tuttavia sembra giusto rammentare che compito e statuto di un evento importante,il quale coinvolge categorie e culture settoriali,dovrebbe comunque avere funzione primaria nel promuovere,filtrare,stimolare in prospettiva il meglio cinematografico di un paese. Quindi andrebbe tutelato ancorché incoraggiato il prototipo innovativo da grande schermo,non cercando di santificare il prodotto medio basso,risultante macroscopica di solo intrattenimento e marketing. Quando il David ambisce a voler essere l’Oscar del cinema italiano non si abbia per riferimento soltanto il red carpet ed altri accessori di natura mondana oppure scegliendo film che scimmiottano i sottogeneri hollywoodiani. La celebre notte di Hollywood guarda certamente al glamour ma non dimentica il punto vitale che centra il cuore di una storia narrata. Dentro un film premiato all’Oscar c’è sempre stretto legame con qualcosa di grande che lo renderà unico se non leggendario,perché da quella cronologia dorata volendo potremmo studiarci storia e mutamenti della società globale. Pluripremiare Jeeg Robot,fantasy casareccio,ha significato dare spessore al film di serie B. Il genere trash,tanto stimato nella zona pseudo cult frequentata da politici e tele-visionari si eleva al rango nobile,ma è come se ai tempi di Sergio Leone fosse stato gratificato qualche western di seconda fila in pura imitazione del precursore. Nel caso del Racconto dei Racconti va ricordato che a Cannes 2015 ottenne da parte della stampa internazionale commenti e recensioni tra i peggiori dell’intera kermesse. In questo cinema dal volto rinchiuso in se stesso che non guarda presuntuosamente alle migliori esperienze internazionali,dove lo spirito indipendente e propulsivo è stato adeguatamente sterilizzato preferendo e monetizzando altre categorie di riferimento,pare di scorgere ancor meglio la maledetta coltre di ghiaccio,allegorica sembianza cristallizzata di un’industria artistica senza più profeti. Se il cinema italiano attuale sembra figlio di un Dio minore è perché qualcuno continua a preferirlo così ma all’estero si gioca in modo meno scontato con premi nazionali che sanno riconoscere produzioni di serie A adatte al grande schermo,dinamiche e intrise di conoscenza. I Premi César del cinema francese quest’anno avevano in competizione pellicole molto ancorate su valori autoriali,su storie di gente e contrasti nella società multietnica. Vince il premio maggiore,Fatima,ma altri attestasti vanno al controcorrente,La Legge del Mercato,al complesso A Testa Alta e a Mustang,candidato anche all’Oscar,tutte vicende a sfondo universale che stanno riscontrando un buon box office internazionale. I Premi Goya,statuette del cinema spagnolo,hanno visto la convergenza delle maggiori categorie verso,Truman,film poetico e di straordinario acume esistenziale con grandi interpreti che non troverà certo ostacoli territoriali proponendosi a sicuro investimento per cinefili ovunque. Un altro film di ottima levatura,anch’esso giunto in Italia è Perfect Day,vincerà il premio alla sceneggiatura,incoraggiando il segno di poter realizzare film raccontando luoghi e punti di vista fuori dai tuoi confini classici. Anche queste sono indicazioni che vanno osservate con attenzione e desiderio di confronto.
La Redazione
25 aprile 2016