IT ENDS WITH US – Siamo Noi a Dire Basta di Justin Baldoni
Sceneggiatura di Christy Hall
Con Blake Lively,Justin Baldoni,Brandon Sklenar,Jenny Slate Le trasposizioni dei voli d’amore,delle sue peripezie o delle cadute improvvide,necessitano di doti che non si possono scolpire con il trattamento artificioso delle regoline fredde e morigerate. Servono qualità inusuali mai retoriche per trasmettere le infinite gamme che vanno dal gioioso fino alla vischiosità perfida di una disfatta. In mezzo a tutto c’è il tracciato della vita con le complicazioni immancabili e soprattutto con il dietro le quinte di ciascuno che in maniera opportunista,cinica,contribuisce a render stonate le note dei sentimenti. Il cuore vuole invece ascoltare solo un grande concerto ma possibilmente senza partitura. Più o meno va circoscritta qui la discussione sul nostro film secondo il quale l’impresa dell’amore inebria e annichilisce ma poi ritrova la via giusta optando per le ragioni (false) che seppelliscono la fantasia. La trentenne Lily torna a casa per il funerale del padre,non è una cosa semplice perché l’uomo con la sua violenza familiare ha sedimentato in lei difficoltà e durezze relazionali che è impossibile cancellare. Segue la sortita solitaria in cima ad un palazzo nella notte,ma la tranquilla meditazione viene rotta dall’improvviso arrivo di qualcuno che ha il solo scopo di sfogare rabbia. Forse quella complice vicinanza da ultima spiaggia serve a placare reciprocamente gli animi favorendo il dialogo e le intromissioni nelle rispettive amabilità. Cresce il bisogno di confessione aperta,s’instaura il gioco sordido dei propri fantasmi che rincorrendo uno schema in stile Iñárritu,come nella rarefatta terrazza della celebre sequenza in Birdman tra Emma Stone e Edward Norton (ma era di altro livello!),porterà Ryle (così lui si chiama) a battere il servizio potente della seduzione. Il game solleva forcing,l’uomo rende palesi problematiche passate del suo background ma la giovane ha sempre in mente la nitida immagine di Atlas,tenero emarginato,con il quale un tempo distese rapporto travagliato eppure saldo e gentile. Mentre i mattoni del legame edificano la costruzione tra Lily e Ryle quasi per incanto ricomparirà nel reale quel giovane partner tanto mitizzato dall’abbagliante ricordo di lei. Insorgente nella donna sarà l’intrecciarsi di sensazioni trascorse e presenti che potrebbero farle riassaporare il gusto della felicità,perlomeno nell’illusoria luce di un momento tentacolare. Lasceranno il passo all’iniziale dubbio,ma il triangolo ha già tracciato le linee della sua definizione simbolica pretendendo di stuzzicare il coinvolgimento sanguigno del pubblico. La trama segue una mappa prevedibilmente dedicata alla contesa d’amore e al contrasto con bilancino,indicando fasi sentimentali per sommi capi senza mai sondare con metodo le deflagrazioni positive o le loro disarmoniche collisioni. Manca nella pellicola un esistenzialismo di sostanza che sorregga in modo egregio il disegno del melò,ogni situazione finisce per impantanarsi (anche volutamente) nel supplizio di racconto ultra corretto. Fra sobbalzi di percorso e qualche salto in avanti di troppo il navigatore sentimentale conduce alla destinazione più ammissibile e meno invasiva ma resterà il rammarico di un film a metà strada. Le grandi storie d’amore hanno raccontato verità cospargendosi di essenza drammatica,perché da questa si scoprono le articolazioni insondabili degli esseri che comunicano e fanno evolvere i capitoli anche seguendo il processo amaro dell’inevitabile. Non c’é dolcezza e luminosità riducendo o distogliendo dalle descrizioni un fondo di afflizione che faccia emergere un’origine non astratta da cui possa prender forma il sogno del puro sentimento. Rappresenta una condizione di natura non contaminata che seppe sviluppare con bellezza nei suoi film un gigante del melodramma quale Valerio Zurlini. Sarebbe bastato soltanto qualche milligrammo di tale espressività per cambiare le carte da giocare ad un film che fa fede nel marketing preferendolo al prestigio.
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