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Il Meglio e il Peggio del mese
THE VISIT di M. Night Shyamalan
Sceneggiatura di M. Night Shyamalan

Con Olivia DeJonge,Ed Oxenbould,Deanna Dunagan,Peter McRobbie

Becca e Tyler sono due fratellini non propriamente felici,figli nonché vittime di quell’angoscia sottile simile ad un horror invasivo che s’instaura nelle famiglie quando il trauma della separazione dei genitori entra dentro come temperatura glaciale. Per fortuna,si fa per dire,passeranno una settimana dai nonni in campagna per scoprire un ambiente nuovo,fuso da entusiasmo adolescenziale sostenendo il progetto di realizzare un documentario con videocamera e webcam. Svolgono compiutamente l’intimo desiderio della madre di riallacciare i rapporti con i genitori di lei dopo una tremenda rottura che l’allontanò per sempre da loro. Quei volitivi fanciulli attraverso la sincera,indomita passione da film maker cercheranno di entrare nei profondi meandri di realtà credute impenetrabili. Chiunque si avvicinasse al film pensando di trovarsi innanzi una tipica,ormai noiosa,vicenda finto amatoriale fatta di telecamere e reality horror sarebbe non soltanto sulla strada sbagliata ma sull’orlo abissale che incalza il pregiudizio. M.Night Shyamalan ritorna alle origini delle sue storie più genuine,straordinarie e d’impatto magistralmente psicologico,riprendendo la guida semiologica della scrittura cinematografica e gioca,riflette con l’arma più invisibile quanto potente che un film possiede al suo interno,la macchina da presa. Gli strumenti magici che useranno Becca e Tyler per la visita ai nonni sono oggetto di disputa iniziale per impostare la story line del documento sperando che scoprire realtà nuove,forse misteriose donerà agli stessi e alla madre un elisir di rinnovata tranquillità. La videocamera è un partner collaborativo per tornare alle radici della mamma,perché le’immagini possono riaccendere la memoria passata di lei come fossero un coming out di rimbalzo,donando ai nuovi attori della vita una contemporaneità indagatrice che compensa e cerca di capire motivazioni nascoste. Il film della quotidianità ripreso da attenti e rapaci obiettivi ha il sapore di concreto e istintivo appeal pedagogico,tuttavia la curiosa sagacia dei ragazzini va a implementare nella storia un’idea di fantasia che mano a mano avrà invece perfetta aderenza con la verità oggettiva. Torna in mente il celebre assioma,il filo di razionalità irrazionale che Arthur Conan Doyle inseriva mai casualmente nei suoi racconti,ovvero pensare l’impensabile apre le vie del possibile. Questo senso di rivelazione,non certamente arbitrario e illogico ma conseguenza di lampo estroso,diviene la catarsi che impressiona le immagini lasciando al centro della narrazione l’affascinante connection tra una realtà e l’emergere di altre realtà. Esse vengono messe in movimento da un grado di fiction spontaneo acceso dalla cam con ineluttabile neutralità stilistica,e qui sta la verve talentuosa,che rimanda all’eterna configurazione di probabilità sceniche nella dimensione evolutiva dei generi. Osserveremo perciò una struttura apparentemente semplice in cui la sceneggiatura sembra improvvisata dal solo occhio elettronico,ma questo appartenne anche ad Hitchcock che liberando l’essenzialità fece in modo in talune pellicole di farla divenire fonte d’intuizione e veicolo per grandi lezioni di linguaggio.