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La mano di Besson riavvia il motore di Robert DeNiro
Insolita alleanza franco-newyorkese per un action comedy sulle differenze
“Cose Nostre – Malavita”, film particolare che rilancia un grande attore

Tommy Lee Jones, Luc Besson, Robert DeNiro
Tommy Lee Jones, Luc Besson, Robert DeNiro
Era ormai un’immagine fissa e irremovibile la figura di un Robert DeNiro presente in tanti film recenti anche mediocri,quasi a sconfessare un carisma d’interprete ormai leggendario che sembrava consegnare alla sola memoria del passato gli assi vincenti. Il geniale,puntiglioso campione del perfezionismo aveva gettato la spugna,colui che era stato l’insostituibile attore di registi nella storia del cinema pareva intorpidito da una insolita febbre. Come un figurante si stava adagiando,più che calarsi,in trame senza talento lasciandosi coinvolgere oltre i confini del trash. Rimane senza parole il duetto con Michele Placido in Manuale d’Amore 3 fra lazzi e volgarità. Luc Besson è un autore eclettico che ha saputo miscelare nei suoi film tanti generi,la scansione tradizionale del noir francese con le modernità tematiche dell’action americano. Ha rimodellato dei format quando taluni li pensavano (pensano) in schemi rigidi e antagonisti. Non è il francese che molti s’immaginano,il convinto sostenitore di un’antica presunta superiorità culturale sul Mondo Nuovo. In fondo la carriera la divide professionalmente fra Usa e Francia continuando a mostrare questo doppio passaporto culturale,anzi per alcuni versi va a timbrarlo in Cose Nostre – Malavita, film particolare da non confondere assolutamente con tanti anonimi omologhi d’azione offerti dai multiplex. L’alleanza,non tanto strana,dal sapore franco-newyorkese che emerge sullo schermo prende quota portando i spunti dello sceneggiatore de I Soprano,Michael Caleo,sostenuta dall’ombra produttiva di Martin Scorsese.

Michelle Pfeiffer
Michelle Pfeiffer
La sofisticata dinamica della storia ci conduce nel territorio della comedy intrisa di nero che Besson sperimentò in parte con Angel-A. Il DeNiro attuale,con la sagacia di questi illustri driver,rilancia una quota considerevole del proprio dna nel personaggio di Giovanni Manzoni. Costui,traditore della gang malavitosa cui apparteneva,è costretto dal programma protezione testimoni ad emigrare e nascondersi insieme alla famiglia in Normandia. Troveranno dimora in un piccolo paese dove farsi accettare è problema serio,mentre sembrare degli alieni in terra straniera cosa del tutto normale. Sapranno convivere con i francesi e trovare precisa dimensione dopo molte scosse di assestamento comprovate da tempra dura veramente espressiva. Giovanni ora si fa chiamare Fred Blake,un alias di sicurezza che in realtà certifica la mappa di un percorso in divenire. Egli ama scrivere,dietro la maschera di un nome riesce a catalizzare il racconto che ha dentro. Lontano da Brooklyn sa innescare il filtro sovversivo delle parole lasciando che la memoria non divenga un comodo,statico paravento da pensionato ma il capitolo più adatto a reinventare la progressione. In Francia esiste rispetto considerevole per cultura e scrittura,il passo per l’imprevista notorietà sarà breve e Fred (Giovanni) viene invitato con buona dose di surrealtà ad un dibattito sul grande cinema. Qui sfoderando abilità oratoria inusitata saprà dar vita ad un grande collage di testimonianze che rende plastica l’osmosi fra i film e la vita vissuta. Robert DeNiro ha cercato,ritrovando il senso e le radici di natura scorsesiana dei giorni migliori,nel personaggio investe tutta la capacità polivalente che suggerisce allo spettatore interesse istantaneo. Luc Besson ritrae a modo suo una visione allargata che pone al centro le trasmigrazioni verso nuovi lidi. Quanto basta per definirle sostanzialmente un approdo,lasciando che le differenze culturali siano locomotive messe sullo stesso binario,possono scontrarsi come pure essere veicoli di coincidenze.
Franco Ferri
25 ottobre 2013