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Hind Rajab: La voce che risveglia l’occidente
Fa discutere La Voce di Hind Rajab, emozionante film che va verso l’Oscar
Torna l’impegno civile, quando una storia aiuta a manifestare nelle piazze

A cura di Franco Ferri

Hind Rajab, la bimba che chiede aiuto nel film
Hind Rajab, la bimba che chiede aiuto nel film
“Hind è la voce di Gaza che chiede aiuto”
,così Kaouther Ben Hania regista del film La Voce di Hind Rajab non poteva che sintetizzare al meglio il potente messaggio della sua storia. Indubbiamente la pellicola ha fatto presa sul pubblico italiano con il privilegio di poterla vedere in sala prima degli altri paesi. Il dramma di una bambina cresce a dismisura mentre chiede aiuto telefonico da un’auto appena crivellata di colpi dallo spietato esercito israeliano. Nell’ufficio di cooperazione i volontari della Mezzaluna Rossa gestiscono la chiamata come un’urgenza ma qualcuno dei responsabili ha un dilemma. Il punto di soccorso non è distante,trovare un’ambulanza libera diviene però un rischio considerati gli assalti mortali occorsi ai mezzi nei giorni precedenti. Tra scrupoli,dubbi e priorità s’innescano dialoghi a distanza intercalati da momenti agghiaccianti di silenzio. Nel cercare una via d’uscita per la salvezza i personaggi assumono variabili e impeti comunicando uno struggente spessore drammatico. Chiunque avrà l’impressione di sentirsi dentro in quello spazio indefinibile tenendo a mente il contesto ricco di acri significati. “Credo che la giustizia un giorno non sarà solo simbolica”,si sforza di suggerire la regista. Bisogna dire che la vicenda della piccola Hind sta riuscendo a costruire un rinnovato ponte tra dramma umano e format cinematografico con un caloroso pathos dallo straordinario effetto politico. Al proposito Pedro Armocida (Il Giornale) dice: “Appare molto significativo che il cinema riesca a prendere uno spazio centrale narrativo. Una funzione civile che è sempre appartenuta al cinema che però nel nuovo Millennio era data per dispersa proprio come la stessa centralità dei film”. Mentre per Andrea Martini (La Nazione), “Hind Rajab ricorda quanto ancora possa essere potente il cinema in epoca di media diffusi”. La concreta narrazione,ambientata a Gaza nel mezzo di una proclamata pulizia etnica voluta da Israele,ha acceso un contatto con l’opinione pubblica italiana e in buona parte favorirà le numerose manifestazioni nelle piazze delle ultime settimane. L’idea distonica della storia ha saputo amalgamare un impasto formidabile. Le registrazioni integrali della richiesta di aiuto restano la trovata fondante della sceneggiatura e quindi di tutta la realizzazione. Intorno alle telefonate della bambina che sentiamo nel loro effetto di verismo viene costruita la trama del film. Tra voce ed esterno si forma una spazialità claustrofobica ma in divenire che ricorda nell’architettura seppur a ruoli invertititi la struttura dinamica di Locke diretto da Steven Knight. Afferma Cristina Piccino (Il Manifesto),“La relazione fra reale e messinscena rimane costantemente dichiarata,esplicita,in questo passaggio si racchiude la potenza de «La Voce di Hind Rajab»”. La piccola e gli addetti al servizio con le loro voci,pause,estraggono paure,disagi e speranza,rivelando un’alchimia angosciante di appassionato vitalismo sullo sfondo della tragedia appoggiata dalla massiva complicità dell’indifferenza occidentale. La pellicola diviene portabandiera di un altro mondo sociale che vuole pacificazione non fugace,l’avanzata del film verso l’Oscar potrà favorire sviluppi più giusti. È uno dei film più angoscianti,belli e strazianti visti a Venezia negli ultimi ventanni”,dichiara Francesco Alò (Il Messaggero). La Voce di Hind Rajab sa raccontare la grande prospettiva umanistica e civile inserendoci una delle misconosciute vicende occorse,spesso dimenticate,che continuano purtroppo ad accadere in quel compulsivo scenario mediorientale.“Come Anna Frank è divenuta il simbolo dell’Olocausto,Hind Rajab è già il simbolo di un altro genocidio”,dirà Giovanni Bogani (La Nazione). La vicenda è reale,il cinema le offre un battito straordinario trasformandola nel più incisivo racconto sulle violenze volute da Netanyahu nella regione.“Elude con lucidità teorica in un film accessibile a tutti il pericolo dell'uso strumentale,del ricatto emotivo,dell'eticamente scorretto”,sostiene Giulio Sangiorgio (Film Tv). Pensa in tutt’altro modo Mariarosa Mancuso (Il Foglio) che sarà molto adirata dalla pellicola.”Non importa se vi farà piangere. Il cinema è un’altra cosa. L’uso delle registrazioni originali con la voce della bambina che chiede aiuto è al centro del film. Mossa discutibile ma di sicuro effetto. Nessuno ha ricordato la carneficina del 7 ottobre 2023 per opera di Hamas”. Per sottolineate evidenze la critica di quel quotidiano sembra abbia avuto più a cuore il rilievo dell’appartenenza ideologica che quello di una buona concentrazione sul film. Per ciò sarebbe entrata con maggior rigore nei meccanismi,nelle sfumature del racconto,che prevedono una lettura nettamente a favore del fattore emotivo quale approdo di ramificazioni comunicanti nate dal profondo della vicenda. Non si rileva nello svolgimento una costruzione di maniera che richieda l’estorto ricorso a suggestioni funzionali di effimera efficacia. Inoltre per etica avrebbe dovuto attenersi ai soli fatti narrati nel film che considerano la drammatica giornata di quel 29 gennaio 2024,il resto è divagazione strumentale. Si cosparge di propaganda pure Mario Sechi,direttore di Libero,che riferendosi alla premiazione della Voce di Hind Rajab a Venezia dichiara con sarcasmo,”In laguna si è consumato il festival di Gaza”,ma non sa parlare di cinema e del particolare artistico finendo per lasciare alla debolezza di uno slogan l’ambigua difesa dell’indifendibile.