Abbonda l’assenza di acume narrativo,latitano le sorprese visionarie come ormai ci ha abituato questo genere di produzioni delle quali Disney resta il massimo capofila. Magari un tempo sono state interessanti prototipi di sperimentazione tecnologica,necessarie a intrecci poderosi costruiti per ridefinire il progressivo evolversi della tenzone esistenziale. Ormai il ripensamento di forme o modelli pare essersi acquietato e fermato sulla dilatazione inconsistente delle trame,sulla riduzione (annullamento) di complesso spessore nei personaggi,ai quali non si addice più l’esser partecipi di una solida parvenza del simbolo ma sembrano approdare in un involuto e pericoloso senso del vuoto. Il mondo dove cercò plausibile dimestichezza 
Tron agli albori degli anni ottanta,pionieristica scrittura che parlava diretto attraverso il linguaggio delle immagini,aveva cominciato a rendere dinamica e soprattutto assimilabile una sorta di realtà parallela o del tutto calata nel virtuale mai disgiunta dai legami costruttivi degli uomini. Immaginare e realizzare un disegno di storia concepito su basilari concetti di disciplina matematica creò un enorme curiosità e interesse anche fuori dagli atenei. Il cinema rappresentò la prioritaria opportunità di slancio offrendo in tale fase sperimentale un approccio sistemico alla materia che accelerò nel pubblico l’individuazione concreta di un quotidiano riprogrammato sulla strada di epocali variazioni. Il tentativo di computer grafica era andato a buon fine costituendo la prima tranche del voler raccontare un universo vagheggiato tra immateriale astrazione e futuristico umanesimo che non fosse solo cartoon. Quel film anticipò,e fu sotto aspetti non certo vaghi o velatamente intellettivi,il primo accostamento verso una relazione di compiuto cyber pensiero che andrà a imporsi nel movimento cinematografico. Sotto molte direzioni il processo cominciò a sedimentare negli spettatori i primi vagiti di nuovi format che diverranno popolari,per esempio introducendoci alle strutture capitolari del fantasy come attualmente le comprendiamo. Venne raccolta e messa in azione una sfida culturale,produttiva,sostenendo con inventiva le coordinate di soluzioni tecnologiche che costituirono la linea di partenza per riscrivere fisionomie di racconto alternativo. Oggi 
Tron: Ares appare al contrario saturo e privo di stimoli,non perché trascorsi più di quattro decenni potrebbe rischiare il collasso in una specie di luogo indifferente attiguo all’antiquariato digitale. Anzi cercando di rimanere ad ogni costo alla moda guarda al rivestimento come fosse un abito da conferma inattaccabile che invece costituisce suo malgrado una via senza uscita. Ares,il corpo e la divisa del soldato imbattibile,in epoca di eserciti aggressivi è un test di superomismo che si poteva evitare. Questo è il cyber progetto dedicato alla divinità guerriera costruito dal marchio Dillinger System per dominare. D’incontro si andrà riproponendo un dualismo storico tra i rampolli eredi di Kevin Flynn e Ed Dillinger al fine di trasformare con un conteso software le entità digitali in vere creature reali. Riappare proprio lui il pioniere,il Kevin Flynn che pareva avesse lasciato definitivamente i suoi mondi prediletti. Jeff Bridges si riprende quel volto nel redivivo intento di dire la sua,sospeso nella vita e prestato dalla morte. Per certo viene attuata una generica metafisica da laboratorio digitale che non convincerà sicuro i sostenitori del rango eterno ancor meno chi contempla il sapere trascendente tra materia e spiritualità. La vicenda molto inferiore a quelle precedenti del franchising fissa gli acuti accendendo giochi sgargianti e colori artificiali (intelligenti?),ma appare meglio degna quale spot adatto a Dubai Center o per ingaggiare campagne marketing che promuovano brand motoristici da ipnosi collettiva.