La scoperta postuma della scrittrice Goliarda Sapienza appartiene a una recente esposizione mediatica che ha portato in evidenza la sua opera narrativa. Il romanzo più elaborato,
L’Arte della Gioia,grazie alla trasposizione in serie tv,diretta da Valeria Golino e distribuita anche nelle sale cinematografiche nel 2024,ha contribuito a rendere il nome oltre una ubicazione di nicchia.
Fuori,darà vita al personaggio di Goliarda Sapienza interpretato dalla stessa Valeria Golino,colei che ha permesso la corrente continua divenendo sostenitrice di quell’emersione mai avuta in vita dal suo lavoro letterario. Il miracolo rappresentato nel film di Mario Martone non risiede tanto nella storia descritta ma in una didascalia tra i titoli di coda che per eccesso di omaggio lascia adito alla polemica più giustificata. La conoscenza è sempre in moto,così scopriamo d’improvviso che
“Goliarda Sapienza è considerata una delle scrittrici più importanti della letteratura italiana del Novecento”. Alla resa dei conti il contributo della Sapienza potrebbe librarsi tra le vette più alte della creatività nazionale? Le pagine da lei scritte sono rilevanti e uniche come quelle di Pier Paolo Pasolini,Alberto Moravia,Italo Calvino,Umberto Eco,Ennio Flaiano,Dino Buzzati,Leonardo Sciascia,Elsa Morante? Al momento non esistono veri contributi critici e di dibattito,delle analisi indipendenti che permettano il salto di qualità nell’empireo della letteratura. Ma prendiamo buona l’audace ipotesi,la storia della pellicola potrebbe prefiggersi variegate potenzialità di sfumature per condurci verso l’inclinazione profonda di una donna. L’arte di scrivere attraverso le immagini non s’improvvisa,ma un racconto filmico deliberatamente ampio,motivato nel tormento intimo,dovrebbe essere in grado di raggiungere il fulcro sottolineando l’ideale riconoscibile di un’ispirazione.
Fuori,fin dal titolo va alla ricerca di una strada dal tepore e dal costrutto borderline volendo solcare un percorso alternativo. La prigione non redime ma accentua semmai l’esclusione esistenziale. Goliarda Sapienza descrisse il carcere come massima espressione di isolamento ma all'esterno nella società civile esistono limitazioni della libertà più subdole e altrettanto spersonalizzanti. Il film partendo dalla sua breve esperienza a Rebibbia nel 1980 ritrae alcuni episodi che per la donna furono invece di fondamentale slancio formativo. L’amicizia con le altre detenute e in particolare con due ragazze sono state l’embrione di uno stimolo che è proseguito anche in seguito. La fine della detenzione e il rinnovamento grazie alla frequentazione che divenne molto intensa specialmente con la più giovane la incentivarono a riprendere l’hobby della scrittura. Mario Martone è attratto dalle metamorfosi e dai cammini che sembrano coinvolgere la sfera ispirativa. Ricorderemo a tal proposito il miglior progetto che ha realizzato,
Capri Revolution.
Fuori,a dispetto delle ambizioni riposte,quale testimonianza certificante di un talento da riclassificare,non ha aiutato la causa santificatrice di Goliarda. Sequenzialità,situazioni,ritraggono la malcapitata e le altre con leggiadro colore che trattiene la dimensione autentica del quadro desiderato. Alcune ramificazioni di senso realista rimangono tuttalpiù intorno ma non sanno affrontare,fotografare le tempeste dell’animo. A volte il risultato accende la banalità e quando l’intenso ruolo dell’amicizia potrebbe sfociare,sostenere il vortice creativo,Martone si chiude in una timida espressività che nuoce per la scoperta di nuovi orizzonti. La pellicola ha dei bug,delega alla sola intuizione (non è un pregio) che quelle della Sapienza possano divenire pagine meravigliose. Tutto rimane irrisolto come nella superficiale prima volta di Martone,l’esteriore descrittiva ispirazione che avvolse
il giovane Leopardi alla vista delle ginestre. La brutta accoglienza del film al Festival di Cannes trova origine nel difetto più rilevante: l’assenza di empatia.