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Uno stile atipico che disegna una grande mappa fuori dal convenzionale

Ennio Morricone, una vita di grandi colonne sonore
Ennio Morricone, una vita di grandi colonne sonore
Cominciò in sordina,come accade nella maggior parte dei grandi cambiamenti,eppure piano piano fu determinato a improntare un’energia che seppe tramutarsi in rivoluzione. Quei soffi di suoni giacciono nel contorno naturale ma il loro riverbero é attiguo,impalpabilmente configurato alle profondità recondite che evidenzieranno le emozioni di un contesto. L’attenta e ossessa osservazione di un musicista ha ricondotto la fenomenologia ambientale ad essere rielaborata nel pentagramma. L’arte di un grande compositore di colonne sonore quale Ennio Morricone può focalizzare in tal segmento una potenza unica, perché contiene nella carica ideale un senso introspettivo del tutto prospettico,che tende ad aderire al comune linguaggio espressivo di una storia filmata. L’ottimo arrangiatore di canzoni del marchio Rca,colui che sapeva definire con speciale intuito invenzioni e problematiche musicali,lavorava in contemporanea per il cinema e la sua prima collaborazione ufficiale suggella nel film del 1961,Il Federale di Luciano Salce con Ugo Tognazzi. Il successo che fece discutere arrivò una ventina di colonne sonore dopo sotto l’alias,Dan Savio,quando nella fine agosto del 1964 usciva in qualche arena estiva un western,Per un Pugno di Dollari,diretto dallo sconosciuto Bob Robertson (Sergio Leone) che cambiò a sorpresa i mesi e gli anni successivi del cinema. Il commento musicale composto da Morricone aveva a dispetto del solito distacco di una partitura una presenza fortemente scenica che in certa misura si fondeva con omogeneità nelle sequenze girate. Tutto questo colpì d’incanto,contribuendo ad un veloce passa parola che rese epidemico il film ancor più dell’eco mediatico,ma nel medesimo istante spiazzò la cultura prevalente nel cinema e non solo,la quale non seppe riconoscere subito quei fattori di novità così iconoclastici. Abituati a commenti musicali in cui predominavano impalpabili livelli descrittivi e soffusi adattamenti orchestrali il nuovo corso del sodalizio Leone-Morricone parve un blasfemo accordo. L’intesa si consolidò nelle stagioni successive con memorabili pagine di western e musiche anticonvenzionali che tenevano alta la pressione di un pubblico ormai divenuto internazionale. Eppure i detrattori sparavano da ogni angolo,chi prendeva di mira Sergio Leone affermava sull’iperbolica realtà di film barocchi che parevano diretti da Ennio Morricone,quando invece il mirino era sul povero compositore lo si accusava di musiche “tonitruanti”,e distorsive quanto apertamente kitch. Negli anni seguenti,metabolizzando nelle genti cambiamenti di gusti e trasformazione dai grandi percorsi sociali,le colonne sonore di Morricone stabilivano uno stile indiscutibile dove l’eclettismo affinava nel cinema una spinta di conoscenza e capacità disciplinare che dalle note ha ispirato una vera profondità arcana. Nell’idioma del maestro esiste una poliedrica,percettiva formazione che lo condurrà alla compiuta sintesi dei fermenti più difformi,talmente espressivi da rendere agevoli e riconoscibili certe svolte sfociate nel concetto di contaminazione. Appare esplicito in questa direzione l’omaggio che il gruppo rock Muse gli ha reso in concerto,interpretando una versione personalizzata tratta da C’era una volta Il West  (L’Uomo dell’Armonica) molto suggestiva e coinvolgente per il pubblico nello stadio. Le esperienze musicali classiche presero ben presto altra direzione sospinte dall’influenza del maestro Goffredo Petrassi,diffusore di un’estetica musicale moderna e libera,che per alcuni versi approdò nella dodecafonia rappresentando spirito di espressività rinnovatrice. Morricone perfezionò,riadattò nel cinema la corrente mettendo in rilievo strutture sperimentali per strumenti e suoni inusuali,non conformi. Rielaborava anche la fonia dei rumori provocando e restituendo il tutto in formule di affinata disciplina che si possono esprimere nello spartito. In questo si colloca nella nicchia degli innovatori affermandosi da compulsivo figlio degli anni a cavallo tra i sessanta e settanta. La dissonanza crea il tonale,per lui non è stato paradosso,individuava perciò chiavi impressioniste che hanno potenzialità per descrivere in brani modulati e atipici un affresco molto particolare come quello disegnato da un film. L’azione,non solo quella in pellicola,troverà un medium tra vita,timbri,ritmi e contrappunti,per raccontare il ventaglio composito piuttosto emozionale dell’umanesimo ma ciò che sorprende è la straordinaria attitudine per l’astratta raffigurazione quasi fosse un gioco dal dono unico. Oggi con la diffusione della cultura informatica possiamo individuarla meglio,perché gli studi definiscono precisi linguaggi di scrittura che realizzano conseguenti traslazioni tra oggettività complessa e codici matematici. La musica ha ascendenze con i segreti della matematica,Morricone possedeva in sé l’equazione perfetta per codificare comunicando dal pentagramma la sensorialità in chiaroscuro del mondo circostante. Sarà un lavoro di ampio respiro che è il segreto della geniale rilevanza,quasi sempre oltre le sequenze di una pellicola. Prendiamo Novecento,soundtrack del film di Bernardo Bertolucci,le varie tracce non fissano soltanto uno splendido supporto alla storia ma si offrono all’ascolto di un album fuori del contesto cinematografico senza alcuna difficoltà. L’attenzione fa emergere tanti stili presenti che vanno dal sinfonico fino alle incursioni nel free jazz,realizzati con grande e disinvolta incisività mettono in risalto la caratura di un autore molto sensibile ad ogni genere musicale. L’Oscar 2016 per The Hateful Eight di Quentin Tarantino e gli oltre ottanta premi ricevuti in tutto il mondo sono i segni tangibili di un artista formidabile che fuori dalle rotte consigliate ha disegnato la sua mappa.
Franco Ferri