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Una metastoria della nostra epoca
Fincher dirige”The social network”,il racconto della geniale invenzione che cambiò il mondo
I critici applaudono ma alcuni si affannano nel digerire la moderna concezione del film

a cura di FRANCO FERRI

Jesse  Eisemberg
Jesse Eisemberg
Le motivazioni che spingono The social network ci forniscono un’idea generale di quanta diffidenza ancora ci sia verso il web e i suoi strumenti in questo paese. La crescita vorticosa della rete viene vissuta dall’ambiente della cultura,ma anche della sottocultura,in maniera sospettosa e non sarà difficile di questi tempi trovare nei media puntualizzanti programmi che indichino generosamente i pericoli in atto. La sottovalutazione di prospettive incoraggianti,unite al suo uso,porta spesso ad individuare grotteschi background di natura patologica e virale determinati ad essere nocivi per la personalità di ognuno. Proprio dai temi suggeriti nel film attingiamo in una canonica trasmissione della Rai,dalla quale la cinegiornalista siciliana Ornella Sgroi afferma il coinvolgimento della pellicola di David Fincher nel “mettere in evidenza gli aspetti inquietanti di Facebook”.The social network, in realtà non è affatto un’opera preoccupata verso il mezzo che avvicina la gente ovunque,del quale risulta per precisione una chiara parabola etica partecipata con affetto nel percorso di una geniale invenzione evoluzionista. Semmai fa risaltare le vicende e le ambiguità sulfuree legate al denaro attribuite ai fondatori dell’azienda Facebook. Fincher efficacemente,alla stregua del mondo digitale trattato nella vicenda,sviluppa una serie di equazioni matematiche che rappresentano immagini,personaggi,segni,società ed emozioni per comprimerle nel supporto avviato da una sceneggiatura multiforme trasformando tutto in cinema puro. Va a mille in ogni inquadratura,sia in fase di direzione degli attori che nei piccoli dettagli,e nel montaggio finale l’interfacciamento troverà la sua apoteosi. L’operazione risalta un’idea cinefila molto prossima alla modernità ma non è poi così complicato comprenderla e decodificarla in modo intuitivo e prospettico.

Beppe  Severgnini
Beppe Severgnini
Certamente alcuni recensori fanno una grande fatica anche perchè non accettano che il cineracconto vada più veloce del loro personale bagaglio. Ad esempio calzante un opinionista esperto,Steve Della Casa dice.”Non sono entusiasta di The social network anzi sono uscito dalla sala frastornato”. In vena di severa autocritica il critico sussurra …”ma sarà anche per la mia età”. Ci sembra che un analogo input di derivazione didascalica appartenga a Maurizio Porro che sul Corriere della Sera dichiara. “Prolisso,parlatissimo,spesso in gergo,il film di Fincher non fa sospettare mai che sia in atto una rivoluzione nella comunicazione. Ci si limita a un Monopoli aggiornato molto piatto”. Il film non si presta per una comprensione fatta a compartimenti stagni altrimenti andrà persa l’architettura stilistica composta anche di significanti subliminali. Sull’Espresso,Lietta Tornabuoni scrive.” Fincher peccato che non sappia bene dove andare. In parte sembra infatti un classico film americano trionfalista”…” In altra parte, il film pare una vicenda catastrofica da fine del mondo oppure una analisi moralistica non troppo lontana dalle prediche sui mezzi di comunicazione”. L’utilizzo di un’intuitività rapida,libera da pregiudizi fa risaltare commenti sagaci. Prendiamo Valerio Caprara che sul Mattino afferma.” Intricato e per certi versi esoterico”. Un altro opinionista non propriamente cinematografico,Curzio Maltese sostiene. “È uno dei rari film sulla psicologia dell'inventore,figura decisiva nella storia umana,ma assai poco indagata”.

Il celebre social network
Il celebre social network
L’intervento rafforza il modello di metastoria che ci siamo fatti su Social network,ovvero un’icona rappresentativa della nostra era che travalica gli aspetti puramente cinematografici. Beppe Severgnini non parla spesso di film eppure ne estrapola aspetti per rivelare la foto di una società. “Ho capito perché l’America sopravvive alle ondate del mondo e agli squali di Wall Street… non frustra i ragazzi; li incoraggia. Non li sfrutta; ci investe. Non li investe di rampogne;ne accompagna il volo nella vita…possono diventare felici,ricchi e famosi con un’idea non mostrando i tatuaggi e le mutandine in televisione. Spiegare che creare una società commerciale può essere eccitante come partire per un viaggio”. Quando la storia ha radici vitali presenta un itinerario che indica il futuro e nella genesi che la pellicola mostra si inserisce l’originale opinione di una rivista di comprovata fede cinefila come Sentieri Selvaggi.” La sceneggiatura di Sorkin racconta la “Nascita di una nazione” di Facebook,ovvero la terza,più popolosa al mondo,con i suoi 500 milioni di utenti/abitanti…Una nazione che sta scardinando proprio quei “confini” che hanno fatto nascere qualche secolo fa l’idea stessa di Nazione. Niente confini il social network mette in contatto gli umani in una dimensione volontaria,dove ognuno partecipa creando una propria identità da mostrare agli altri”.