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La strada della memoria
Una sconfinata giovinezza è un segno di poesia attraverso un viaggio interiore
Da Repubblica a Crespi,chi scoprirà il filo conduttore che accende il film di Avati ?

a cura di FRANCO FERRI

Pupi  Avati
Pupi Avati

Nella sconfinata filmografia di Pupi Avati molto spesso si sono persi di vista quegli orizzonti di eccellenza che contraddistinguono la vita di un autore. Sempre quest’anno abbiamo visto Il figlio più piccolo, uno dei film più negativi del suo lungo repertorio,ma quando l’indifferenza sembra sopravanzare sul desiderio di interesse,accade una sorpresa. Una sconfinata giovinezza apparentemente è la vicenda classica vicina ai cliché del suo repertorio però possiede un vigore che riecheggia fascino dai lavori migliori del regista bolognese. Per La Repubblica,…” Pupi Avati affronta una storia che parla di un evento sconvolgente come l'Alzheimer.”. ma l’affermazione può essere fuorviante perché Una sconfinata giovinezza non tratta il sopravanzare di una patologia irreversibile. Casomai la traccia didascalica e il suo riflesso umano sono scintilla per illuminare una più importante strada della memoria,una scorciatoia per sparire da un quotidiano estraniante. In questo strano bivio esistenziale l’io interiore usa un ideale filo di Arianna per ripercorrere con energia vitalissima ed evocativa il labirinto della vita approdando nei momenti intensi della gioventù. La nostalgia e il ricordo,come prodotto del passato,generalmente riproducono nel presente un distonico stato di rovine,ma in questa specifica situazione Avati non si lascia sedurre dallo stereotipo decadente e assapora la più giusta allegoria di un viaggio meraviglioso verso l’infinito. Il segno poetico che permea dalla vicenda rappresenta un riconoscibile esempio meta filmico che marchia l’originalità del film.

Gianluigi  Rondi
Gianluigi Rondi
Come abbiamo già visto le opinioni si misurano soprattutto su aspetti formali o di trama che potrebbero essere fuorvianti. Ci sono alcuni critici che hanno scritto commenti fumosi,forse per sé stessi,di fatto intraducibili nel lessico e sintesi della comunicazione. Altri recensori a furia di metodiche e incondizionate lodi ai film italiani,ne fanno perdere di vista le caratteristiche peculiari e veritiere. Al proposito Gian Luigi Rondi non trova di meglio che incensare Una sconfinata giovinezza  e il suo autore su configurazioni puramente di prassi (ambiente di famiglia,interpreti, musiche). Nella partita odierna troviamo anche Maurizio Cabona  de il Giornale che disquisisce su indizi non esattamente fondamentali. “Ciò che piace ad Avati non sempre coincide con chi finanzia i film in cambio dei diritti tv. E ciò impone al regista primissimi piani,insopportabili sul grande schermo”.

Federico  Pontiggia
Federico Pontiggia
Cabona assorbito da una storia che avrebbe voluto,chissà perché,maggiormente in saga familiare vuol consigliare uno sceneggiatore più cinico,dal momento che nella storia ci sono parenti ben poco serpenti. Davide Turrini su Liberazione,inaugurando la schiera dei perplessi,scrive. “I personaggi del cinema di Avati è come se uscissero ogni volta da un sacro sepolcro”,anche Federico Pontiggia da Il Fatto Quotidiano non mostra entusiasmi..” il retroterra memoriale è più sconclusionato che sconfinato”. Fra gli opinionisti dubbiosi termina Alberto Crespi de L'Unità che afferma ci sembra un Pupi Avari 'minore' …”Non che 'Una sconfinata' giovinezza sia un film nostalgico… Il tutto, però, è ampiamente prevedibile e anche gli attori sembrano recitare oberati dalla tristezza del film”.