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Irene Bignardi vuole l’humour da Clint Eastwood
“Ci sarebbe voluto un tocco d’ironia” afferma a proposito dell’Aldilà in Hereafter
Il film al contrario è un attento dramma esistenziale che fotografa un’originale diversità

a cura di FRANCO FERRI

Clint  Eastwood  sul set
Clint Eastwood sul set
Da tempo per ragioni professionali segue il cinema da un punto di vista organizzativo con la conseguenza che la disciplina della critica cinematografica,lavoro e dedizione quotidiana,non trova adeguato spazio nel suo carnet. Irene Bignardi ci prova ugualmente dal settimanale dove scrive ma si sente lontano un miglio che manca di passione,soprattutto si intuisce un fondato sospetto di routine da countdown per un articolo comunque dovuto al periodico. L’oggetto della discussione è il tema proposto da Clint Eastwood in Hereafter,titolo sul quale ha immediatamente da ridire…”prudentemente lasciato in inglese, la traduzione Aldilà forse non attirerebbe”. Il suo parere è che nel film…”ci sarebbe voluto un tocco di humour”. Ma cosa centra l’humour ?

Irene  Bignardi
Irene Bignardi
Lo stile sorridente rappresenta qualcosa di importante con le sue radici se la vicenda del film fosse stata imperniata su una rappresentazione di una cultura,astratta o definibile,di fatto intoccabile e sedimentata da enormi paraventi. Pensiamo al lavoro benevolo dei vignettisti che con le loro stilizzazioni riassumono e comunicano sferzanti colpi al potere,al conformismo di un’ideologia,alle religioni,tramite acuto senso umoristico. Nel caso di Hereafter,l’accoppiata Eastwood-Morgan fa una scelta fondamentale. Viene inserito l’involucro di un film psicologico che ruota sulla descrizione quotidiana ed esistenziale di personaggi al centro di una forma di diversità,appunto la medianità. La dinamica che ci fa conoscere lo stato delle loro coscienze è l’incedere del dramma,solo con questa scelta interpretativa apprenderemo i loro dubbi,contrasti e le difficoltà che li pongono di fatto in un mondo emarginato,solitario evidenziandone la frattura con gli altri individui. L’aldilà,temuto dalla Bignardi,si identifica in un orizzonte molto vicino all’umanità. La scoperta potrà creare disagi e interrogativi ma pone esigenze legittime da sviluppare,certamente da decodificare in rapporto a se stessi,che non sono affatto configurate in un dogma da accettare a priori.

Matt  Damon
Matt Damon
Irene Bignardi raccomanda,”un elenco di film umoristici sull’argomento”,tira fuori dal cilindro …”benedetti dall’ironia e dall’emozione”,L’inafferrabile signor Jordan del 1941,Il Cielo può attendere di Ernst Lubitsch,Scala al paradiso di Powell e Pressburger, Il Paradiso può attendere del 1978 con Warren Beatty. Queste commedie,per quanto amabili,erano figlie del loro tempo ci consegnavano uno sfondo fantastico legato alla cultura metafisica ancora intrisa di immagini tradizionali,dogmatiche appartenenti alla secolarizzazione,perciò quell’umorismo che ieri funzionava in azione demistificante riletto oggi sembra una delle prime proposte di familiarità,umanizzazione con quegli archetipi. Gli anni più vicini a noi,in costante evoluzione,ce lo hanno avvicinato ad un’ideale che comprende anche la quotidianità in osmosi con un affresco che iniziamo solo adesso a dipingere. La Bignardi dice che “l’aldilà è cosa troppo seria per trattarla seriamente”. Se fosse entrata veramente nel cuore del film,senza la compagnia di un malcelato tabù,avrebbe inteso in profondità elementi di suggestione congeniali. In fondo,a quanto ne sappiamo,lei elogia la costruzione esistenzialistica del romanzo e lo specchio multiforme di personaggi femminili. Hereafter ne possiede la lista e Irene Bignardi non si sarebbe dispersa alla ricerca di un’emozione mai trovata