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Così parlò Gordon Gekko
Il celebre finanziere interpretato da Michael Douglas nel caos di Wall Street 2008
Denuncia e voglia di famiglia fanno ondeggiare critici che riscoprono le massime ideologiche

a cura di FRANCO FERRI

Oliver  Stone
Oliver Stone
Il sequel di Wall Street trova una diretta focalizzazione sull’ormai storica crisi finanziaria del 2008 che portò al crollo l’economia mondiale. In fondo il personaggio di Gordon Gekko è stato un degno precursore degli eventi ed in una certa misura ha contribuito a far primeggiare la mitologia cinematografica come modello di riferimento profetico sullo scacchiere reale. Nel denaro non dorme mai,Oliver Stone modella su Michael Douglas un rigenerato Gekko,non pentito,che ha saputo trarre dalla lezione del carcere un anelito di lucidità,a guardarsi dentro,ad osservare fuori il grande esercito della follia,perché ora l’avidità non resta più il privilegio di un genio ma è consacrata a legge. Le sue parole appartengono al pensiero di un uomo che ha appena pubblicato un libro adattissimo al clima come pure alla discussione. Stone si domanda se si può ritrovare fiducia sul sistema bancario dopo la bufera, o nell’intervallo di questa. Mentre il ritmo della pellicola avanza affiora una discreta fisionomia visionaria non celebrativa ma geometrica sintesi del lavoro senza pausa che il denaro comanda. Questa fascinazione resta danneggiata nell’hardware di Lietta Tornabuoni che dalle colonne della Stampa commenta. “Oliver Stone…colma i vuoti con la retorica dei bellissimi grattacieli e delle insegne luminose”.

Anselma  Dall'Olio
Anselma Dall'Olio
Il linguaggio di un autore spesso si accartoccia e si dipana fra le pieghe di una storia,riuscire a coglierlo significa aprire la codifica di un messaggio ma anche calcolarne l’efficacia in un equilibrio complessivo. Oliver Stone ha trovato giusta fama per il modo diretto in cui ha saputo coniugare individualità,scenari con un preciso riferimento ideale ispirato al progresso umano. In Wall Street II la ricetta e la costruzione in parte riescono ad emergere ma l’immissione di un intreccio dotato di un eccessivo intimismo, affievolisce il tono e l’immediatezza dell’acre denuncia. Il risultato probabilmente mette a nudo una doppia quanto ambigua cifra di apprezzamento. In questa carreggiata pare ondeggiare Anselma Dell’Olio che in perfetto stile cerchiobottista dice.” Il film è bello e brutto ma può essere anche affascinante e stupido” . La curiosità dell’affermazione non ci fa perdere di vista la successiva,sempre dell’Anselma,che stavolta si cimenta in un insidioso esame di natura ideologica. “I film che hanno reso famoso Oliver Stone sono fatti con i capitali di Wall Street”.

Maurizio  Cabona
Maurizio Cabona
Nel nostro paese ancora non si riesce a comprendere la grandezza espressiva del cinema in USA,media straordinariamente libero,che sa rappresentare contraddizioni e verità sul sistema senza che questo opponga censure economiche. Il fastidio ai temi radicali partito dalla Dell’Olio,ci fa notare tutto l’imbarazzo che proviene da una determinata area culturale. Maurizio Cabona sul Giornale ha scritto. “Per un film di Hollywood le previsioni di Karl Marx sono ormai esatte: ricchezza in pochissime mani,governi ridotti a comitati di affari”. In questa luce il critico rende un indubbio favore a Oliver Stone,reo forse di aver ottimizzato al meglio le tematiche cui aspirava  Molto più vicino all’articolazione di un giudizio meditato risulterà Giorgio Carbone dal quotidiano Libero,nella medesima area, che in maniera esplicita spiega. “Il primo Wall Street ci forniva un’appassionante lezione sugli uomini che muovono il denaro,ci spaventò con la prospettiva di un mondo popolato di Gekko…quel mondo è arrivato ma Stone l’ha affrontato senza lucidità e rigore”.