
La foresta amazzonica è al centro di un conflitto interiore che parte da lontano. Lo sterminato orizzonte brasiliano diviene catalizzatore ed espressione di quello che potremo definire l’inizio,la preparazione di un cambiamento. Augusta è una ragazza che ha scelto il paese brasiliano come alternativa ad un habitat dove non si può più riconoscere. Nell’impatto con la nuova realtà non trova in verità l’ambita soluzione dei suoi problemi. Troppe sono le similitudini con la mentalità d’origine,la comunità cattolica dove viene ospitata non sembra prediligere una visione spirituale adatta ma si dimostra rigidamente impositiva con gli indigeni quanto sottilmente affaristica nell’introdurre faccendieri e speculatori del territorio. La giovane ha bisogno di accendere un’emozione in sintonia con la propria natura,non ha altro tempo da dissipare perciò lascia il villaggio per affrontare un itinerario,le cui tappe oltre ad essere localizzate nella mappa di un nuovo universo fatto di terra e acqua,sono dislocate nella sua anima con tutte le derivazioni cognitive che potranno nascere. Augusta ricerca una strada che seppur avvolta di apparente caos,fra contraddizioni e pessimismo,illustra con motivante aderenza le ragioni evolutive dell’io. Fuori da regole e logiche precostituite il personaggio studia tra silenzi e incertezze le possibilità di un percorso. Riconosce che l’osmosi del suo essere non potrà prescindere dal contatto con toniche sorgenti di energia. Il film non va confuso dentro un pensiero limitativo di contrasti fra confessioni o antagonismi di fede ma va focalizzato nel più ampio concetto indagatore,laico di un’umanità che vuol crescere misurando e regolando l’intima sintonia con la grandiosità vicina. In dettaglio valuta il concetto di sradicamento,che non significa abbattimento di un patrimonio sedimentato e adagiato nella tradizione,ma uso di rinnovati sistemi per rileggere in maniera critica una logica di vita. Nel binomio uomo,terra Giorgio Diritti ritrova il lessico a lui congeniale,documentarista,didascalico rivelatore di una narrazione che sa scavare in forma davvero inusuale rispetto alla quasi totalità dei registi italiani. I suoi personaggi si motivano per essere stranieri,fuori come in patria,ma non estranei e distonici ai grandi temi del mondo,sono caratteri miti ma posseggono peculiarità potenziali per divenire loro stessi i protagonisti. Lo avevamo apprezzato particolarmente nel suo primo film,
Il Vento fa il suo Giro. In questa pellicola proietta un proprio mondo in divenire,anticonformista che trova input dinamico nel panorama sudamericano, evidentemente più favorevole e stimolante di quello domestico. Soprattutto rifugge con saggezza dalle idee allineate e dominanti nel cinema italiano di oggi.