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Il Meglio e il Peggio del mese
THE FABELMANS di Steven Spielberg
Sceneggiatura di Steven Spielberg, Tony Kushner

Con Michelle Williams,Gabriel LaBelle,Paul Dano,Seth Rogen

Un filo conduttore che lega il tempo e la quotidianità di un adolescente formando giorno dopo giorno una smodata passione per il cinema. La storia e l’immersione dentro l’amore per un hobby,il rigore di un trasporto quasi fosse un’avventura esotica che diverrà pericolosamente l’alba in un orizzonte al quale non potrà mai dire no. Sarà il futuro lavorativo di un ragazzo che tra poco si chiamerà Spielberg,ma non cadiamo nel tranello retorico di ricondurre il racconto familiare dei Fabelmans alla classicità,al lirismo e qualche volta al nostalgico rendez vous delle pellicole che mitizzano il lussureggiante connubio tra creativi e immaginario del grande schermo. L’adesione di Steven al film non celebra il ricordo lontano,solo apparentemente s’imbatte tra gli squarci luminosi di un passato cui dovrebbe perenne riconoscenza,opta d’inverso all’interno delle versatilità autobiografiche (vere o presunte) concentrandosi sulle ombre più infide e trascinanti della multi facciale famigliola. Raccontando in terza persona quelle vicende prenderà una distanza sentimentale che permette a The Fabelmans di trasformarsi sostanzialmente in una delle più acute pellicole sulla genesi dell’arte. Non è la contemplazione poetica dell’artista,ma segue per scelta l’irruenta salita,selvaggia e traditrice,che il fanciullo Sam dovrà conoscere per dare alla luce il senso inventivo e profondo della creazione. Il cinema narrato nell’esposizione più pertinente sotto forma di metacinema serve a Spielberg per qualcosa che catturi dai fotogrammi un alone segreto quanto colmo di compiutezza linguistica,nel medesimo istante sosterrà un motivo di stile riconoscibile per indirizzare gli spettatori verso la strada dove comincia l’arte. C’è un ideale di razionalità intellettiva,che nel percorso della storia riesce egregiamente a collegare tra loro il divenire del personaggio e la sincrona distonia limitrofa mostrandoli attraverso una dinamica in chiave simbolica. Giusto per ribadire che il cinema sta nell’arte riconoscendo ad esso nel calore intimo e ambiguo della propria materia quell’energia pervasiva tipica anche dei tratti di un dipinto,di una partitura musicale e della malleabile multiformità degli elementi costruttivi. Usando l’impressione scolpita da luci,chiaroscuri,il ragazzo comincia a comprendere il dialogo con il mezzo cinepresa e la possibilità concreta insita nella pellicola di plasmare con ingegnosa soggettività la costruzione in movimento resa dagli elementi visivi. Il film sottolinea il legame strettissimo tra la cinematografia e l’essenza oggettiva comune a tutte le arti quando sa rivelare con trasporto nelle sue storie,bellezza,idee,percezioni,sentimenti. Uomini nell’arte compiono sforzo immane per identificarsi nell’opera sublime,ma devono accettare come condizione senza riserve dentro tali esperienze che la catarsi artistica è purtroppo comprensiva del dolore e di soluzioni non consolatorie. Possono spezzare la vita dell’artista ma se vorrà carpirne il codice sorgente,nascosto ma straripante giammai congenito alla normalità,dovrà essere pronto a conviverci accanto. E’ un qualcosa che Steven Spielberg per evidenza tiene gelosamente con sé permettendogli di tornare a grande ispirazione dopo la parentesi soltanto accademica ed estetizzante di un remake così così,West Side Story. La sua visione del profondo artistico in The Fabelmans viene rappresentata da una lezione completa che fa riflettere sulla settima arte,quando invece oggi in molti paiono preferire livelli al ribasso sul valore della qualità. Nella vicenda c’è commedia,dramma lancinante,realtà familiare,scoperta e metafisica,che smuovono e convivono in omogenea narrazione realistica. Costituenti in positivo e negativo che del resto forgiarono la sua personalità e il carattere umano divenendo una miscela stilistica di riferimento per tutte le sue pellicole.