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Il Meglio e il Peggio del mese
AIR -La Storia del Grande Salto- di Ben Affleck
Sceneggiatura di Alex Convery

Con Matt Damon,Ben Affleck,Jason Bateman,Viola Davis

Torna ancora il decennio ottanta,è un periodo prolifico in cui fioccano storie per raccontarci parabole di anni pirotecnici che vanno capiti fino in fondo perché se nel tempo perdessimo anche solo pochi dettagli sarebbe assai complicato avere un’osservazione a 360° dello stesso presente. A volte abbiamo visto pellicole che entrano con vigore intellettuale nel lato oscuro dell’epoca,altre hanno usato ricostruzione e colore per sostenere quel pizzico sempre vivo di lirica nostalgia. Non c’è dubbio alcuno come dentro la cultura di quelle stagioni si sovrappose un desiderio legittimo di impresa che mise in cima il ricavo quale scopo principale cambiando molti parametri di riferimento. Nel rimando dei raffronti,nella mentalità che si formava ieri si stavano presentando forme commerciali cui oggi assistiamo abitualmente,e nel film andranno a comporsi fasi pioneristiche dal tenore senz’altro pedagogico,ma dove svetta diverso e sincero il sogno di un uomo. Per evitare un equivoco estremo va chiarito che non assisteremo di certo alla vicenda di una barbosa trattativa commerciale. Air non sarà mai da confondere con il rituale della noia o ancor peggio con l’esaltazione dell’affarismo rampante ma ingloba dinamiche visionarie che non renderanno arido il senso del denaro. L’episodio narrato sicuramente cambiò il modus d’intendere un contratto e nel medesimo istante favorì la crescita degli sponsor nello sport. Un aspetto che osserviamo fin dall’inizio mentre a mano a mano si avverte sempre più la preminenza di una caparbia architettura etica che fa guadagnare punti e rispetto a chi si dà tanto da fare. E’ una storia dove girano interessi ma in particolare maniera mette a fuoco il racconto di un’amicizia che lega due personaggi diversi tra loro (Matt Damon e Ben Affleck) e seppure a volte divisi dal progetto lavoreranno a questa specie d’utopia. Nessuno vorrebbe lanciarsi oltre nell’ambiente codificato da reciprocità aziendali un po’ troppo conformi e prive di slancio, Sonny Vaccaro (Matt Damon) per paradosso disorientante crea dal nulla una scommessa che per altri sarebbe dichiarata perdente e da evitare. Punta sulla personalizzazione dell’atleta outsider,un giocatore di basket sul quale per intuito vede potenzialità enormi. Si tratta del giovane Michael Jordan,che ancora non aveva espresso il meglio ma diverrà star e mito di un’epoca anche grazie al futuro legame. Il dirigente è convinto della sua strategia,un plastico salto verso canestro,che possa trasformarsi nell’icona più straordinaria mai concretizzata da un marchio di scarpe. Agire nella pratica e abbinare una calzatura sportiva alla giovane speranza per il vero non sembra così facile. Sonny usa determinazione mai doma e in modalità interiorizzata,sorta da quel tatto di sacerdotale misoginia che un ambiente d’impresa animato e militarizzato soltanto da uomini s’impone,cerca d’inventare l’impresa impossibile. A proposito nel film c’è posto soltanto per due ruoli femminili,uno è di una segretaria,l’altro peraltro abbastanza tosto della mamma manager di Michael Jordan (Viola Davis). Matt Damon sembra ostinato nel disegno profetico da lui elaborato e rimanda per analogia,affettiva,e non solo,all’equazione matematica che sconvolse il mondo accademico in Will Hunting – Genio Ribelle con il quale assieme all’amico fraterno Ben Affleck fu catapultato nell’empireo dell’Oscar. I due creativi non potevano scordarselo e il principio riadattato per l’occasione funziona niente male.