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Le mille luci di Soho
Ultima Notte a Soho è un ottimo mistery esaltato da visioni e suspense
Il film di Edgar Wright nella Londra degli anni 60 che seduce e ossessiona

Thomasin McKenzie e Anya Taylor Joy nel film
Thomasin McKenzie e Anya Taylor Joy nel film
Il suo nome sta cominciando ad assumere il rilievo che merita. Edgar Wright film dopo film costruisce un legame felice e potente con le storie che realizza. Parla la lingua del cinema con l’accento di chi ama la visione nelle sale cinematografiche e vale la pena ricordarlo. Quando i cinema chiusero per il lockdown globale fu tra quelli (insieme a Christopher Nolan) che sostenevano di non mollare. Il pericolo di perdere buona parte di una grande aggregazione culturale è ancor oggi serio ma in quel periodo il regista mise sul tavolo la propria formazione di spettatore lanciando l’allarme sulla possibile scomparsa degli spettacoli. Aveva terminato da poco le riprese del nuovo film ambientato sugli angoli della Londra più intima e al tempo stesso glamour,Ultima Notte a Soho,giurando che l’avrebbe tenuto nel cassetto fino alla ripresa delle proiezioni evitando coinvolgimenti streaming. Così è stato confermando una mai tradita onestà intellettuale che è stata sostenuta anche dai partner finanziari Focus – Universal. Alla luce odierna Ultima Notte a Soho diverrà evento di pregio non tanto a causa di quel collegamento embrionale ma per la riuscita di una pellicola che è una grande festa. Una perla luminosa che diffonde riflessi intelligenti,l’invito sperato per coloro sempre alla ricerca di storie ipnotiche in sala. Edgar Wright scrive e dirige i film con la forza comunicativa delle vicende preferite da cinefilo,una ragione di fiducia profonda che dà opportunità per spaziare in qualunque direzione creativa. Senz’altro ha metabolizzato soluzioni che determinano uno stile sicuro aiutando a motivare con energia le capacità delle sceneggiature. A cominciare da Baby Driver non troveremo mai la citazione specifica di opere retrospettive perché lui non è un manierista,chi ha voluto rilevarle con faciloneria ha commesso grave errore. Non usa ritagliare un logo ma pennella l’effigie che distingue l’icona. Si avverte semmai nelle pellicole una padronanza dei filoni cinematografici che s’intersecano aprendo degli orizzonti dalle virtù peculiari. Londra e le luci notturne di una città senza paragoni nel continente europeo sono centro tentacolare e sfondo di abbagliante esistenzialità in Ultima Notte a Soho,dove speranze e miraggi potrebbero d’inverso spingere all’esplosione dei miti. Il magnetismo vitale e fremente che gira intorno al celebre quartiere dove Mary Quant inventò la minigonna negli anni ’60,spingono il desiderio creativo di Eloise a studiare da stilista. La ragazza arriva dal paese (Thomasin McKenzie,Jojo Rabbit, Old),è molto propensa alle visioni fantasiose quanto completamente immersa nella mitologia del decennio sessanta. Ha   connotati perfetti da nuova Biancaneve nel bosco ma ci entrerà attraverso la porta che preferisce,quella dei suoi sogni. Proprio così,il sonno favorisce un trasporto metafisico talmente vivido da apparire reale. Negli stessi spazi in cui soggiorna a Soho vede in modo speculare la sconosciuta Sandie (Anya Taylor Joy,Emma, The New Mutants),ninfetta decisa che alla fine dei ’60 vuol far carriera come cantante. S’identificherà sempre più in lei e gli avvenimenti si accendono di sorprendenti incalzare. Perché continua l’esperienza onirica,quasi un viaggio nel tempo? Quanto sta accadendo ha legame con il reale? Sono domande che in poltrona chiunque si porrà,potrà essere smentito o con rapidità venir indirizzato nel labirinto di altre ipotesi ma per certo il film resterà uno splendido mistery. Nel percorso di Eloise c’è lo scontro con l’iperrealtà che ama. La genesi di una nuova luce interiore che può nascere solo se affronta l’incubo,il tuffo nell’illusione ammaliante non può sostenere la sua crescita. Le canzoni hanno un peso notevole come sempre nei film di Wright. Stavolta lascia particolare impressione Eloise,una hit mondiale del 1968 cantata da Barry Ryan. Il testo avrà influenza fondamentale nella vicenda del film,anzi sembra detenerne il codice sorgente dal momento che con strabiliante plausibilità Ultima Notte a Soho appare la messa in scena psichedelica della canzone. Intrecci e sensazioni fanno emergere quel mondo sommerso invisibile che potrebbe piacere a Stephen King ma dal punto di vista narrativo le specularità delle protagoniste sono il colto eco della filmografia di Brian De Palma. Miscela suspense ed estetica visionaria deliziando occhi e mente ma dal palinsesto del suo volto escono a tratti le scintille impensate che hanno contraddistinto anche alcune opere giovanili di Dario Argento,quelle più geniali. I miti sopravvivono perché sono sempre estrapolati,esaltati,fuori dalle ritualità quotidiane del tempo che li ha concepiti. L’effimera dolcezza che li accompagna silenzia troppo spesso l’imperterrita catena delle cadute umane. Dividi il passato dal presente se vuoi vivere nel futuro.
Franco Ferri