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NOVEMBRE 2024
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Il Meglio e il Peggio del mese
VERMIGLIO di Maura Delpero
Sceneggiatura di Maura Delpero

Con Tommaso Ragno,Giuseppe De Domenico,Roberta Rovelli,Martina Scrinzi

L’operazione culturale che sovrintende il film esce completamente dai canoni del cinema italiano contemporaneo. Si pone per scrittura e messa in scena agli antipodi delle produzioni domestiche perché ha un rigore assoluto nel carpire i fili ardui e sottili che reggono i sentimenti. In un territorio dal contesto chiuso,lontani eventi e vicine tragedie della storia vengono scolpite attraverso le variabili spontanee della parola. La definizione marcata di una linguistica locale quale patrimonio determinante,riflesso condizionato della tradizione rivelerà peraltro significative crepe quando grazie all’insegnamento s’intravedono confini da superare. E’ sottolineata molto l’importanza di questo passaggio formativo in una vicenda rurale dove vengono insistite le ricorrenze canoniche a modo di unione e mantenimento del ciclo perpetuo,ma sarà anche un punto d’inizio reso all’attenzione per intendere quali valori saranno portati in evidenza. Sotto molte sembianze il film pare possedere una tempra dura resa nelle rilevanze dell’indole alpina. E’ un’angolatura che permette di sviluppare uno studio variegato e accurato,dei volti,dei movimenti,della dialettica,avendo la direzione di ottenere un buon approccio antropologico. Un metodo rigoroso predisposto e perseverato nell’essenzialità come veicolo di sostegno interpretativo che non tradisce un approdo insignito di sostanziale. Avvertiamo accanto una dimensione criptica,magari non evidentissima,che però è alla base delle sommesse”liaisons” congenite nella pellicola. Le interazioni con le atmosfere,sia ambientali che caratteriali degli abitanti nel paese di Vermiglio,in particolare mentre sono descritti nei loro coinvolgimenti privati rispondono ad un correlativo osmotico con le quattro stagioni rendendo non soltanto fasi di accettazione fatalista. In successione vengono elaborate fatiche e nuovi pensieri trasformandoli,così sublimando un adagio che potrebbe combaciarsi con la virtù della musica. Nondimeno il colore delle relazioni e delle passioni oppure le gradazioni cupe delle tristi amarezze si tingono nei grigi,stemperate nel quotidiano al limite dell’impalpabile,forse prosciugate senza speranza dal grande candore della natura secolarizzata. Ma andremo a scoprire come dentro scorre la linfa che permette l’esistere. Scandendo versi di espressione Dantesca i bambini apprendono l’auspicio fiducioso che il rosso vermiglio saprà cambiare le penombre sedimentate in toni mai immaginati. Il maestro che crede nel bisogno della differenza,modificare i percorsi di ognuno con l’intervento provvido dell’istruzione a strumento necessario di progresso individuale,scrivono nel film pagine di volontà superiore. Probabilmente non verranno cancellati i ruoli statuari degli uomini e nemmeno le anguste esistenze delle donne di allora,ma è la semina per qualcosa di diverso al fine di raccogliere un po’ in giorni migliori,oltre quella seconda guerra mondiale sovrastante su tutto. Nonostante le apparenze Vermiglio non deve essere frainteso alla maniera di un ritorno forzoso al realismo. E’ un film difficile,austero e lontano dall’emotività manca senz’altro di quella carica immediata che avevano un tempo i film realisti. Ma quel tempo raccontato oggi potrebbe ugualmente avere influenza nel pubblico per resettare e riavviare un passo di giusta impronta del sapere,riconquistando l’essenza umanocentrica,evitando qualunque confusione e deriva nostalgica. Maura Delpero dirige una pellicola dagli elementi poetici non trascinandosi accanto l’agiato lirismo. Non è una storia di taglio sociologico e neppure di appeal rivoluzionario,traduce le scansioni vitali lasciandole nel loro più scarno posto di esperienza fenomenologica.