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Il Meglio e il Peggio del mese
UN VIZIO DI FAMIGLIA di Sébastien Marnier
Sceneggiatura di Sébastien Marnier

Con Laure Calamy,Jacques Weber,Dominique Blanc,Doria Tillier

La sequenza iniziale lascia intravedere nello spogliatoio dello stabilimento il termine della giornata lavorativa delle operaie ma in fondo al locale spicca la separata distanza di una di loro che fa supporre un disagio. Nathalie sente la pressante solitudine che s’abbatte anche quando dovrebbe stare concentrata nella catena alimentare dello stabilimento,sono tante le disavventure e le sopportazioni di chi vive una vita personale sventurata non soltanto per limiti economici. Eppure qualcosa può cambiare in positivo avendo saputo da un po’ il nome del vero padre che per lei andrebbe a rappresentare un sostegno psicologico e tanto altro ancora. Incontrerà un anziano signore che pare riappacificarla con se stessa e la sua parte mancante,ancor più costui è uomo ricchissimo,stimato ex sindaco del luogo,con molte attività produttive nel ramo turistico. La generosità dell’uno pare liberare la fortuna di lei nel momento in cui,Serge così si chiama,decide di offrirgli uno spazio nella propria lussuosa villa accanto alla famiglia. Un posto che Nathalie andrà a scoprire lentamente dove l’agiatezza ha sicuramente dato origine ad intrecci e manie non comuni tra i componenti,ma d’incontro evidenzia come la sua presenza stia divenendo ingombrante per l’altra figlia. Un’ostilità mal celata che cresce,resa evidente dal desiderio di quest’ultima di occuparsi di affari e di ogni affinità con il denaro creato dal padre. Serge non desiste dalla volontà di accudire la nuova familiare nonostante i contrasti divengano a poco a poco stringenti e serrati mostrando i precursori incontrollabili di segnali dei quali noi seduti in poltrona,come del resto la provinciale quiete del luogo,non avremmo mai voluto conoscere e rimanerne perciò scossi. La pellicola rimarca con dovizia di riferimenti e incisioni narranti una tradizione del cinema francese vista ad osservare le vite di una determinata borghesia dietro i paraventi che innalza per costruirsi una rispettabile visibilità. Più in generale realizza un paradigma senza bandiere per rendere (in)sostenibile la perdita d’innocenza che s’infila nel cosmo della mente quando celare l’inenarrabile è propedeutico all’illusorietà esistenziale. Sotto le movenze di alcune atmosfere rimanda all’ultimo periodo dei film di Claude Chabrol ambientati nella decadente cornice lontana dalla metropoli che sottintende acque oscure sotto la calma piatta di statuarie rappresentazioni. D’altra parte non sarà mai un quadro riproposto o il balletto riconoscibile di antiche virtù fratturate,all’interno della trama c’è posto per una sorprendente originalità che tende a far emergere la fonte delle maligne intenzioni,il cenacolo degli ambigui propositi serviti ad hoc,quasi velassero strato dopo strato un centro occulto di forte impatto emotivo. La verità non sembra una questione di luce,ma quando c’imbattiamo dentro le abitudini,i modi estroversi e falsi di questa famiglia speciale,non possiamo più tornare indietro e resteremo catturati nel vortice che s’allarga. A metà film comprendiamo di essere nella dimensione del giallo che con altrettanta intensità potrebbe facilmente oltrepassare i confini di un thriller sebbene insista sulle tinte predilette da un noir. Possiede anche i connotati che farebbero sprofondare la vicenda nell’horror tuttavia non si lascerà affatto convincere dalle soluzione del genere. La regia accarezza e ammaestra tali tensioni mantenendo un controllo eccellente che serve a far emergere peraltro una preferenza di stile nella storia,un filo conduttore dal valore narrativo per guidarci dove il labirinto della psiche costruisce il baratro razionale dell’autodistruzione.