
La vicenda permette una discesa complessa nel passato,un tempo divenuto fin troppo lontano che non può rievocarsi attraverso l’afflato dei ricordi ma propone chiarezza introspettiva soltanto con i frammenti più espansivi resi dalla creatività,sia essa tecnologica o di motivazione pittorica. Fotografia e stile impressionista sono punte eccelse di un’epoca votata al progresso,quella dell’ultima parte del diciannovesimo secolo che fissa nel film una simbiosi percettiva dei colori e dell’armonia strutturale da potersi scolpire nel metabolismo del nostro presente. La pellicola vuole scoprire e si cala in un mutare continuo quasi vorticoso tra pieghe sconosciute e irrisolte mai tramandate,avvalorando una buona rilevanza evocativa sicuramente efficace per riorganizzare toni e impressioni moderne che ottemperino una ricostruzione emotiva ma fatta di giuste impronte. La realtà offuscata,per non dire celata,di oltre un secolo fa ricrea un percorso suscettibile nuovamente praticabile trasformato in impulsi viventi. Grazie a sequenzialità di entropici ritratti fotografici e alla rispondenza sensitiva di appropriate atmosfere verranno rese immortali da menti trasfiguranti e da occhi di protagonisti alla maniera di Claude Monet. Sottolineano un patrimonio di stimoli non comuni quanto mai adeguati per tornare utili ai bisogni erti dalle attuali insorgenze. Va detto per evidente richiamo contro possibili equivoci come la storia non guardi affatto all’indietro circondandosi di malinconica catarsi
Proustiana o per appagarsi di ameno lirismo sul tempo che fu. Non osa per niente trattare,cadere,su uno dei più banali luoghi comuni dominanti che un fasullo pensiero di emancipazione tenta di vendere,secondo il quale sarebbe il mix di tradizione e innovazione a dare origine al futuro. Tantomeno avrà la tentazione di toccare l’esca peggiore di questa epoca,quella che prevede il classico dosaggio nostalgico ad uso e consumo della solita conservazione. A partire proprio dal significato nel titolo originale,
La Venue de l’Avenir,studia con attenzione morfologia e aneliti di quegli anni di forte cambiamento anche sociale per rivendicare un processo di cammino verso il domani. Si avverte fin dal movimento in orizzontale dei personaggi la fase crescente di una rottura determinista in atto che distoglie i loro tragitti dal sempiterno avvicendamento di logiche abituali e consolidate.
I Colori del Tempo fa sentire una energia cognitiva e luminosa,guida il disegno avendo facoltà di favorire una forma di brillante estetica in divenire che possa comunicare un benessere non qualunque,ma circostanziato di individuale e propositivo stato d'animo. Prendiamo questo quale palese senso metafisico che aleggia nel film osservando in che modo la prospettiva di sceneggiatura faccia prevalere il contatto culturale con i grandi insegnamenti di riproduzione,fotografica e pittorica. Il primato della luce fondamento delle due discipline difatti andrà ad assumere un’accezione attiva e positivista,il suo uso multivalente ha permesso nitidi scatti e sfumate emulsioni di ritratti istantanei quanto di originali rielaborazioni di ciò che ci circonda mediato da visioni e colori di straordinari pennelli creativi. La fine dell’ottocento ha tramandato verso i nostri giorni gli albori di arti fondamentali per elaborare la prossimità di un immaginario personale,esclusivo,nuovo nella misura da noi oggi concepita ed espressa nella memoria quotidiana. Ma fotografia e impressionismo non possono che aver incoraggiato l’evoluzione del metodo artistico più profondo,prodigioso e ipnoticamente contemporaneo affermatosi nei secoli seguenti,il cinema. L’eredità raccontata dalla pellicola nella sua verità più sottile fa trasparire anche questo.