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Il Meglio e il Peggio del mese
DOLCEROMA di Fabio Resinaro
Sceneggiatura di Fabio Resinaro

Con Lorenzo Richelmy,Luca Barbareschi,Valentina Bellè,Claudia Gerini

Nel periodo più critico e meno fervido della sua storia il cinema italiano sembra proprio arrivato alla frutta e anche il digestivo pare possedere quel venefico effetto che non permette una seconda vitale chance. Non è un grido d’allarme un po’esagerato suggerito da critici esigenti,negli ultimi due anni è stato lo stesso pubblico ad accelerare l’esasperazione allontanandosi sempre più dalle poltrone dei film domestici come non era mai accaduto. La coincidenza più inquietante è che questa straziante epidemia di origine artistica dapprima girava con tanta discrezione tra gli addetti ai lavori e molte dosi d’ipocrisia,all’improvviso quel tema col dito puntato sta divenendo ragione di spunti per le sceneggiature di taluni film. Siamo già arrivati ad una seconda pellicola in pochi mesi che tenta di fare outing,o ancor meglio rivelare responsabilità canagliesche dal fervore figurativo. Dentro l’ambiente del cinema romano potrebbe celarsi una miniera d’ispirazione,materie prime di varia tipologia che contemplino categorie orride e dal brivido sordido. Non solo ego ma schietta connection criminale avvallata da silenzi e omertà illustri per proteggere ciò che si mostra come un altro buco nero del sistema nazionale. Con tali emersioni potremmo confezionare un menù di pellicole in ogni genere dove dramma,commedia,giallo,filone politico,troverebbero compimento di rara efficacia. Semmai meraviglia che soltanto ora si scopra l’appariscente gotha di un assortimento narrativo da far invidia Stephen King o James Ellroy,certi personaggi vagavano in casa miracolosamente,quasi fossero pronti a rappresentare il logo e la figurazione del malessere,quanto a riabilitare il degrado insipido dell’industria filmica locale. Sarà per l’indissolubile,secolarizzato riemergere del complesso di colpa che di tanto in tanto stimola voglia di confessione,anche se a volte la corsa ad interpretare il ruolo dei pentiti,al cinema come nella cronaca della realtà,non ha sempre reso un servizio di nobile ausilio alla verità. Il film di Virzì,Notti Magiche,guardava al mondo dei cinematografari per capire,con un pizzico di volontà e un altro un po’più piccolo,di sincerità,chi per traslato avesse ucciso anni addietro il cinema italiano. L’odierna pellicola,prodotta e interpretata da un Luca Barbareschi che sembra far l’imitazione insistente di Abatantuono,pretenderebbe forma introspettiva e metanarrante per accedere alle ambizioni più smodate. Lascia intendere che non ci sarebbero solo rigidi divisioni tra assassini e innocenti nel calderone romano delle produzioni,ma vorrebbe far prevalere una turpe miscellanea di umana condivisione ambientale dove casomai l’ingenua innocenza sale per necessità e virtù al culmine della quintessenza criminosa. Il quadro infame da thriller grottesco prefigura non comuni capacità di scrittura e di sottile traduzione cinematografica,ma se non si possiedono basi solide è forte il rischio di scivolare tra gli scribacchini velleitari. Difatti il film per aspetto contenutistico finirà per essere fatto della stessa mediocrità messa all’indice nello svolgimento della vicenda,il cinema italiano non si rinnova con la superficialità e la morale ammiccante. La storia scintilla per colorata,effimera presupponenza,il fondale simbolico che si vorrebbe erigere a pretestuosa immagine della profondità crolla presto per eccesso di esibizione nella sua formula più ingannatoria,protesa a nascondere l’inesistente forma drammaturgica di personaggi e situazioni. L’inferno risulterà fin troppo finto,anche per effetti digitali un po’scarsi,e Claudia Gerini (o colei che ha offerto il palinsesto del corpo) intrisa di miele è l’icona più kitsch mai apparsa da anni. Anche per lei un David di Donatello l’anno prossimo?