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Il Meglio e il Peggio del mese
NON CONOSCI PAPICHA di Mounia Meddour
Sceneggiatura di Mounia Meddour, Fadette Drouard

Con Lyna Khoudri,Shirine Boutella,Amira Hilda Douaouda,Zahra Manel Doumandji

Papicha
è un caso emblematico che porta allo spettatore ferite culturali inguaribili quando pensiamo come la terribile arma della censura possa essere ancora viva e vegeta. Un fattore spesso sottostimato tuttora forte e utilizzato senza inibizioni che sembra invero provenire dal passato remoto,ma in grado di provocare con presente veemenza le nostre dure indignazioni. In un mondo dove le vicinanze si assottigliano e rendono visibili da subito i guasti dei dispotismi,le proiezioni proibite di questo film nel proprio paese d’origine (Algeria) divengono una scena del crimine che non deve assolutamente essere archiviata per pavida indifferenza. Sono colpite soprattutto le donne tout court,e non ci riferiamo unicamente a quelle raccontate dalla storia nel contrasto della vicenda locale: Gli avvenimenti hanno un respiro ampio e condivisibile ovunque,andando senza dubbio a travolgere,ferire anche la sensibilità di chi non abita lì. Dentro gli episodi s’intuisce una generosa e sana energia di proporsi agli altri che appartiene per natura al genere femminile senza bastioni o limiti di latitudine rappresentando al meglio una corrispondenza di emozioni dal valore assoluto. La pellicola sostiene premesse e il temperamento di un patto di affinità con il vigore più diretto,nel quale la sincera esposizione e la consapevole razionalità di superare robusti ostacoli imposti dalla propaganda rappresentano la forza trainante di Non Conosci Papicha. I fatti mettono a fuoco il 1997, ad Algeri,nel momento di massima evoluzione di un tenore di vita vibrante che appartiene particolarmente ai giovani con look e fashion che avvicinano il paese all’Europa. In parallelo il fondamentalismo religioso sta issando la sua violenta bandiera politica piena di tradizione nel tentativo di far breccia per abbattere quei radicamenti di stampo occidentale. Alcuni tratti di conflitto verbale sono accesi tra gli stessi ragazzi. Si noteranno in modo nitido nell’edizione originale del film dove dialoghi sottolineati da uno slang particolare,un dialetto misto di francese e lingua domestica,evidenziano il caldo dibattito tra coloro vicini a questa specie di codice generazionale e chi auspica la restaurazione difendendo la patria quanto la sacralità di un idioma millenario incorrotto. Nedjma (Papicha) è un’universitaria entusiasta,assieme alle sue carissime amiche ha passione per la moda e studiando design vorrebbe diventare stilista,realizzare creazioni originali,metterle in mostra organizzando una sfilata fashion. I vestiti che ha in mente non sono produzioni poi così blasfeme,il progetto prevede un restyling dell’indumento classico del paese,haïk,un tessuto misto di lana e cotone,attraverso una rivisitazione elegante. Di certo il piano sottintende un maggior grado di vestibilità per il corpo femminile che ne metta in luce la solarità evitando di sottrarlo alla vista come era tipico. Purtroppo la faccenda cozzerà contro il manifesto del neointegralismo,ma l’idea di sfilare in pubblico non molla divenendo l’emblema di una battaglia per la libertà. Papicha combatte per questo desiderio,l’entusiasta adesione subisce uno scatto imprevisto e il dibattito acceso,sofferto avrà un’impennata di terrore disarmante quando vede la morte accanto a sé,comprendendo che l’intransigenza non cederà mai alla sua genuina e innocente voglia di progresso. Il cambio di registro ha un effetto di frattura sugli eventi che invero accrescono le volontà di Papicha e le altre meditando nuovi passi senza farsi prendere da panico e sgomento. Mounia Meddour realizza il suo film d’esordio grazie a una coproduzione francese. Fa trasparire tutta l’intensità di una storia travagliata con partecipante delicatezza. Nel costruire la sottile coerenza politica ovvero l’opposizione significativa al regime dispone e mette in scena uno stile schietto da cinema civile nel segno dei migliori esempi occidentali.