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Il Meglio e il Peggio del mese
L’UOMO CHE UCCISE DON CHISCIOTTE di Terry Gilliam
Sceneggiatura di Terry Gilliam,Tony Grisoni

Con Adam Driver,Jonathan Pryce,Joana Ribeiro,Stellan Skarsgård

Don Chisciotte nell’alterna battaglia che ingaggia,tra il lume della razionalità e il raggio incontenibile sintonizzato nella magia dell’irrazionale,indugia su una crudele dolcezza di quieta convivenza con il suo ardore. Pensa tristemente che non ci saranno uccelli sul nido del tardo autunno,l’uomo con supposta stanchezza vorrebbe abdicare ma capisce quanta strada è stata fatta grazie alla sua guerra di cavalleria. Vincitore forse,sconfitto mai,lascerà alle metamorfosi dei fatti che hanno reso trasformante il crogiolo di una realtà incredibile la dignità di successione ad un mondo speranzosamente in simbiosi con quelle energie per nulla astruse. Terry Gilliam ha dimostrato con coerenza e straordinario gusto di aderente personalismo l’attaccamento al personaggio creato da Cervantes. In fondo il percorso dell’autore regista nel concretizzare,convincere egli stesso e gli altri della bontà del progetto è risultata una sfida da mulini a vento in pieno duemila,quasi che un’invisibile rappresentazione arcana avesse scelto l’ex Monty Python per impersonare nella vita i dilemmi e il coraggio intellettuale dell’uomo della Mancha. Alla pari nelle gigantesche imprese e nell’immersione caratteriale di sana follia,i due hanno reso praticabile una spazialità surreale che rende interdipendenti l’invenzione della lingua letteraria con il vortice fantasioso,allucinato di un cinema entropico ma proteso alla sincerità. L’Uomo che Uccise Don Chisciotte non avrebbe avuto riuscita da geniale pellicola senza la sofferenza artistica,individuale di un perseverante che ha lottato contro la solitudine e il dileggio produttivo. Quest’humus ha dato una spinta identificativa che ora trasmette pathos al pubblico,non sarà mai una prova da fantasy decadente o di rilievo grottesco,Gilliam cerca l’originalità senza cliché e la trova. Si sente la scossa dell’umanità fragile che vuole riemergere offrendo la mano a qualcosa di nuovo e diverso. In ciò rimanda alla vicenda personale e drammatica che affrontò Bob Fosse da cui nacque un film indimenticabile tra sogno e incubo quale fu All That Jazz. Non per caso quel titolo,ricco di danza e musiche,oltre la similitudine del dissesto interiore offriva prossimità in un certo senso stilistica con l’opera voluta da Terry Gilliam. La pellicola odierna nella genetica del palinsesto possiede una struttura poliedrica,multiforme,i cui eventi colorati,la stravaganza sognante dei personaggi e una raffinata mutualità pittorica con l’ambiente locale lo avvicinano alla percettività di un balletto intrigante,sospeso all’interno di una messa in scena ritmata da tormenti frenetici e illusioni veritiere. Una scioltezza musicale che accosta molte sequenze del Don Chisciotte all’idea in divenire del cinema colto e parallelamente di tumultuosa non convenzionalità. Stuzzica la curiosità cinefila per scomporre gli elementi al fine di studiarne principio e chimica,perciò speriamo divenga oggetto di studio nelle scuole di cinema. La passione per la storia e l’arte del medioevo caratterizzano molti aspetti della personalità di Terry costruendo in lui un approdo mitico che ama trasferire spesso nella quotidianità del vivere. Tale lunghezza d'onda diverrà un palcoscenico determinante al momento di rendere comunicative le teorie intellettive,l’ardore di Don Chisciotte e tutte le agitazioni dei personaggi. La vicenda è un faticoso cammino iniziatico che affida all’affresco del cinema la riproposizione stilizzata e figurativa di un iperbole esistenziale. Il film nel film è la reminiscenza che torna nel presente trasferendo echi,inganni e desideri di rinnovamento. S’incunea nella realtà corrente tramite quel fantasma inquieto chiamato Don Chisciotte che replica sconvolgendo attitudini e manie. Il regista Toby scoprirà l’irriverente parabola di una vecchia scrittura cinematografica che avvolge con la sua forza significante il territorio dell’avvelenato quotidiano. Amore e odio per il cinema capovolgono consuetudini ispirando un calderone in costumi medioevali che si amalgama in tema di grande satira e visionarietà tirando a segno contro i proibizionismi vigenti e i pensieri dell’orrore moderno. Resterà il piacere di una perfetta vendetta contro l’assurdità,empia nobiltà plebea,che sorregge i moloch finanziari di quel cinema così poco indipendente.