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Il Meglio e il Peggio del mese
FALL di Scott Mann
Sceneggiatura di Jonathan Frank, Scott Mann

Con Grace Caroline Currey, Virginia Gardner, Mason Gooding

La vicenda è di difficile collocazione in un ipotetico ordine che potrebbero assegnargli le etichette generaliste. Se qualcuno scegliesse classificazioni inscatolate,Fall,risulterà assai complicato definirlo. Inquadrarlo tra gli steccati dell’horror o peggio ancora nella terminologia più modaiola dei sottogeneri tipo,survival movie,vuol dire rifiutarsi di scoprire il meglio che una storia sa raccontare. Il suo essere dentro e fuori determinati allineamenti,la sua riflessiva follia che spazia tra la spinta fantastica del reale,tra una realtà tangibile vissuta come cerimoniale,portano il film in una sorta di distonia motoria dal tenore seduttivo e non certo respingente. Alla fine saranno i meriti di un episodio da vivere che scaturisce spontaneo non lasciando tempo e balbettii per definizioni tutto sommato inutili quanto mai agnostiche. In cima non ci sono soltanto le due giovani di questa trama tesa e intrigante ma ci andrà diretta l’adrenalina a iosa di chi sta a vederla,perché al di là (sopra) dei capitoli pericolosi resterà soltanto il gradimento di un film dalle caratteristiche avvolgenti che non si lasciano dimenticare. Inizia osservando il lato sacrale di vite sospese,quello che s’intreccia fra uomo e sport al cospetto di una parete rocciosa da scalare. Tre personaggi si fidano della montagna con reciproca intesa senza però dimenticare quanto l’imprevisto può render vano qualsiasi tentativo d’impresa. Sono esperti,ma oggi un qualche dettaglio si è messo di traverso e uno di loro piomberà purtroppo nel vuoto. Dopo mesi angosciosi per aver perso il partner di vita,Becky,decide di fare con Hunter il rituale che non avrebbe voluto. Spargeranno le ceneri del caro defunto dall’alto di una torre che serviva per diffondere segnali tv. Vuole assaporare il senso di un nuovo rivivere,il più adiacente per chi è sempre vissuto in sinergia con il brivido dell’altitudine. Per precisione quel picco scelto è un traliccio di parti metalliche corrose dal tempo alto 625 metri. Non è opera della finzione cinematografica ma esiste monumentale nel deserto della California dove per decenni rese facile in un largo raggio l’accesso alla televisione. Per le due ragazze la scelta trova l’intima convinzione che ha il significato di rimetterle in frequenza con quella parte razionale ferita ora di ardua guarigione. E’ una sfida istintiva,forse spavalda contro gli infausti tentacoli che la morte rese visibili,si percepisce capitolo dopo capitolo la sensazione inconscia di esorcismo capace di riabilitare un cristallino scopo vitale. Tutto lascia intravedere quanto la realtà possa avere mille rivoli aperti e potersi trasformare in qualcosa di terrificante. Nel nostro caso ogni eventuale riferimento al cinema horror sarebbe riduttivo,inappropriato,perché quello si nutre in maggioranza di codifiche stabilite in quanto genere di finzione. Per tutto il film rimane l’imprevedibilità,la stessa alla quale noi spettatori ci troveremmo innanzi se fossimo lì sopra spalancandosi un abisso che non presenta mai il lato consolatorio. Ci insegnano che le vere difficoltà sono nella salita esistenziale,per loro l’impresa sarà come inventare la discesa. Le trovate decise dagli ostacoli della realtà presentano un alto quoziente d’identificabilità e nel complotto ordito dalla natura locale,la vicenda gioca i migliori propositi di comunicazione. A parte una divagazione un po’surreale,forse stridente,che infarcisce troppo la drammaticità dei momenti,Fall, porta dritto al contatto arcano come al bisogno di shock terapeutico. Se il viaggio adrenalinico della pellicola fosse troppo faticoso reggerlo,accettarlo in toto,dopo averlo visto allora pensate che in fondo “E’ solo un film”,come amava suggerire con ironia Alfred Hitchcock.