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Il Meglio e il Peggio del mese
SUSPIRIA di Luca Guadagnino
Sceneggiatura di David Kajganich

Con Dakota Johnson,Tilda Swinton,Mia Goth,Lutz Ebersdorf

Nel nome di Jessica Harper s’identifica il legame tra il Suspiria di ieri,film di Dario Argento,e l’odierno rifacimento che vorrebbe autocertificarsi in una faccia totalmente riadattata. L’attrice interpretava Suzy Bannion,un volto che nell’estetica simbolista voluta da Argento ha disegnato sulle geometrie dei lineamenti l’innocente sensualità da moderna Biancaneve. Nella visionaria e paurosa vicenda ambientata nel college svizzero il contrasto rappresentato dalla giovane era una full immersione nel bosco oscuro che celava creature nascoste ma terribilmente attive. Adesso Jessica è nei panni di Anke nel film di Guadagnino,piccolo ruolo e un personaggio decadente,i cui tratti del viso nella logica del tempo sono ovviamente distanti e sfilacciati da quelli di allora. In un certo senso riallacciandoci,per onda evocatrice,alla pellicola del 1977 dimostrano,per allegoria compulsiva,quanto plastiche e chirurgie molecolari non bastino a riedificare una nuova vita artistica della tenebrosa storia. Oggi troviamo Dakota Johnson che fa Susie Bannion,ma nelle varianti minimaliste del nome e nella fisicità estrosa dell’interprete a sfumature multiple vedremo normalizzare e riassorbire ogni valenza di iperrealtà. Cambia la location in modo che la scuola di danza fondata da Helena Markos trovi indirizzo in una grigia Berlino. Siamo sempre nel 1977 tra quotidiano e società in conflitto esistenziale spinti dagli scenari eversivi della Baader Meinhof e sull’eco di razionalità psicoanalitica ormai dominante nella cultura germanica. Dobbiamo accettare che la forza espressionista e le atmosfere dell’incubo con colori saturi voluti da Dario Argento,senza dimenticare il peso di una colonna sonora crossover dai suoni di vertigo,siano stati propedeutici per Suspiria di quarant’anni fa donandogli un appeal tuttora immutato. Nonostante ciò la sceneggiatura firmata insieme a Daria Nicolodi mostrava qualche semplicismo narrativo in controtendenza con opere precedenti del maestro dell’horror. Quest’indizio ci fa intuire quale ottica d’intervento aspirasse intraprendere lo sceneggiatore,che pensando di reinventare i corridoi del racconto con materiale di pseudo autorialità ha avuto la pessima idea di renderlo saccentemente ipertrofico. Non di certo con capitoli visionari magari aggiornati da profonda allucinazione. Nel momento in cui predilige l’ingresso del teorizzare quale raccordo antropologico che possa mediare tra i simboli dell’oscurità e la dominante del pensiero distinta dalle derive irrazionali,troveremo sbarrate le strade ma anche i viottoli della cinematografia. Se Dario Argento esaltava nell’immaginario l’energia pura del cinema dove per scissione sintattica riusciva a comunicare nel dinamismo la percezione del percorso esoterico,il film attuale finirà per tradire e non far comprendere i significati occulti che invece vorrebbe smontati e spiegati. Il terreno diventa impervio nella baldanza supponente e per nulla colta di un plot che sembra non capire i meccanismi del grande schermo,ma non aiuta il film una regia dal tono dimesso. Il mito delle tre madri non avrà mai,né un peso intellettivo,né un risvolto adeguatamente iconografico per compenetrare i segreti audaci dell’anima. Donne,amore,lesbo,streghe,psicoanalisti e politica divengono occasionali pretesti di qualunquismo per lo show più anticinema che sia comparso in sala da anni. Viene voglia di evadere dopo un’ora (due ore e mezzo sono letali),di sicuro nel prossimo futuro molti ricorderanno il primo Suspiria,in pochi rammenteranno il tentativo abortito di remake,reboot o cos’altro avesse voluto diventare.