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Il Meglio e il Peggio del mese
RITORNO AL BOSCO DEI 100 ACRI di Marc Foster
Sceneggiatura di Alex Ross Perry,Tom McCarthy,Allison Schroeder

Con Ewan McGregor,Hayley Atwell,Bronte Carmichael,Mark Gatiss

Il richiamo alla fantasia si manifesta molto frequentemente in quest’epoca. C’è una necessità vitale quasi la realtà non fosse più all’altezza delle introspezioni e delle aspettative. Sta di fatto che quando nella storia accade ciò si chiede il ricorso,anzi il soccorso,alle discipline artistiche in special modo all’immaginario del cinema,come se per incanto possedessero una forza taumaturgica,un’esegesi stregonesca,per placare l’insorgere del male di vivere e della tristezza congenita. La vicenda narrata nel film prende spunto dal momento cruciale vissuto da Christopher Robin,personaggio creato da Alan Alexander Milne,che ormai cresciuto non può sottrarsi ai rituali canonici degli adulti. Famiglia,lavoro e consuetudini varie,ingrigiscono la realtà circostante di Christopher contribuendo ad allontanare il fanciullo di una volta da tutte le allegrie e da quel mondo fatato di cui s’inebriava una giovane vita. Gli amici del bosco sono lontani,appartengono a un passato lontano e irripetibile di quest’uomo sfiduciato,ma l’orsetto Winnie the Pooh,il somarello Eeyore,il porcellino Piglet e Rabbit sono alcuni dei compagni che vivono in una dimensione imprevista. Non sono il prodotto illusorio d’ingiallite pagine nelle quali vengono raccontate le avventure tra un bambino e tanti fantasiosi pupazzi. Christopher Robin sente il distacco tra le cose del presente e quel pianeta dove aveva vissuto felicemente. Deve ritrovare un percorso con forza inusuale,una strada da risolcare sebbene non di facile accesso per rivedere gli amici di un tempo o almeno tentare di riscoprirli nel grande bosco della sua gioventù. Basterà recarsi tra alberi,fiumi e sentieri che aspettavano senza riserva la visita dell’uomo per riassaporare,rivivere da vicino le compagnie più bizzarre e fantastiche. Ritorna o perlomeno viene imbastito uno dei più accreditati luoghi dell’immaginazione per eccellenza. Il disincantato posto che accompagna la materializzazione logistica dal rarefatto significato animista,quello conosciuto nelle eloquenti rappresentazioni in cui l’infanzia e l’età adulta acquisiscono comuni riferimenti giammai indivisibili. Presenterà sempre un nome generico ma pieno di viva fascinazione ovvero l’isola che non c’è. Il film vuol rimettere in scena il clima di quella fantasmagorica e malinconica insorgenza conosciuta in,Hook - Capitan Uncino di Spielberg,che poneva quesiti filosofici tra reale,mistero,fantastici approdi,riuscendo a divenire una delle più grandi commedie esistenziali degli ultimi decenni. Nella pellicola odierna tutto resta invece ovattato sulla velleità del tentativo. Il bosco che non c’è di Christopher Robin stenta a consolidarsi e le conseguenze di questa influenza nella vita quotidiana guardano al tenue sorriso di un generico buonismo di facciata. Schematiche illustrazioni insistono sul colore dei gadget risaltando contrasti assai lontani dall’emozionare una dicotomia comunicante tra dimensione del vivere e quella eccitante del vivere con fantasia. Il live action Disney sembra formulato per un tipico gioco di entertainment ma in definitiva risulterà freddo pure su questo ambito versante. Pareva un compito familiare per il regista Marc Foster,uno che ha a cuore le amare tonalità nel racconto di fanciullezza infranta (Il Cacciatore di Aquiloni),e per di più diresse una particolare biografia (Finding Neverland),con Johnny Depp,dedicata appunto all’autore di Peter Pan,J. M. Barrie,la cui parafrasi oggi era in palese rievocazione ma senza esser riuscita a sollevare peculiari vibrazioni di nuova identità.