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APRILE 2024
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Il Meglio e il Peggio del mese
L’ULTIMA DISCESA di Scott Waugh
Sceneggiatura di Madison Turner

Con Josh Hartnett,Mira Sorvino,Sarah Dumont

Storie vere e vite faticose,debordanti,incidentate stanno diventando una sorta di moda produttiva nel ripercorrere i giorni che trasformano le esistenze di individui in apparenza normali da condensare nei racconti meglio condivisibili. Le dinamiche del calendario,il gioco dell’incomprensione,le varianti del pericolo e il più ampio desiderio di sfuggire al loro controllo generano contrasti,corse che una sceneggiatura può rappresentare legittimando tragitti insorgenti. Chi conosce la scrittura cinematografica sa bene quanto sia importante sequenza dopo sequenza associare un senso del divenire al personaggio principale in maniera di far accendere nello spettatore il fattore incondizionato dell’interesse. La vicenda vissuta oltre un decennio fa da Eric LeMarque può apparentarsi dentro questa condizione espositiva,perché se da una parte mette in avanscoperta la scaletta cronologica di un episodio negli aspetti umani al cospetto di un inatteso e temuto confronto con i rigori del clima,dall’altra innesta tensioni che inseriscono nel complesso del film una chiave di lettura crescente e fatalista dai connotati chiaramente karmici. Eric fu un ottimo giocatore di hockey nella massima categoria ma la sua supponenza,arrogante personalità e dipendenza dalle droghe lo condussero all’isolamento,quando al contrario avesse avuto al fianco qualche buona amicizia poteva risultare provvidenziale. Anni dopo lo ritroviamo nello chalet di montagna in solitario dedito ad uno sport entusiasmante,snowboard significa buttarsi a capofitto nelle discese maggiormente ripide e la neve resta un’alleata silenziosa che accetta comunque le smisurate pretese del suo ego. Non sarà sempre così,fidandosi di sé stesso e incurante di avvertimenti meteo si perde nel sentiero proibito tra boschi e gelida distesa. Arriva la tempesta mentre la notte avanza dilatando temperature vicine al limite del sopravvivere. Telefono e fiammiferi sono gli unici gadget per agganciarsi alla speranza,per sfigata contemporaneità né l’uno,né gli altri,avranno il fregio di utility della salvezza. L’incubo della neve diviene insostenibile non solo per i rigori climatici,quel bianco manto che gli ha voltato le spalle ora riverbera sul panorama adiacente sfumature sconosciute rendendo sconfinati cielo e terra in un orizzonte del tutto ricoperto di surreale. Prende consapevolezza di questa nuova dimensione mai affrontata,l’incontro con i lupi accresce ambiguo e interminabile surplace quando non sai se hai davanti i predatori definitivi o le belve sfinite da un comune naufragio di ghiaccio. Sono giorni di lotta per arrivare in cima alla vetta dove il segnale della radio di sicuro ha campo,vedranno anche il combattimento contro i suoi stessi demoni ma la personale battaglia sortirà un risultato oltre avendolo condotto a cercare l’invisibile per ottenere l’impossibile. La prima parte del film va considerata di un buon livello riuscendo a survoltare il racconto biografico e gli stretti parametri dell’azione permeandoli di apprezzabile introspezione significante. Per il resto avrà una caduta verticale che sa di autolesionismo compromettendo quanto di positivo aveva saputo mostrare. La scrittura e la regia sembrano orientate a chiudere in fretta il film e s’appoggiano per buona parte su schemi già visti tipici da soluzione  televisiva. La madre interviene diventando il personaggio principale che organizza il soccorso e fra elicottero e paramedici si consuma la fiera del banale quanto dell’ovvio più disarmante. Davvero un altro mondo e uno stile rinnegato per fare la quadratura del cerchio che avrebbe potuto essere perfetto senza chiamare le cifre della serialità.