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Il Meglio e il Peggio del mese
LORO di Paolo Sorrentino
Sceneggiatura di Paolo Sorrentino, Umberto Contarello

Con Toni Servillo,Elena Sofia Ricci,Kasia Smutniak,Riccardo Scamarcio

Ha perso un’occasione gigantesca. Se avesse saputo usare come si deve l’anima del cinema,quella che nella storia di questa disciplina ha saputo segnare punti straordinari in favore del progresso e di una migliore lettura degli accadimenti,ora avremmo avuto disponibile un lavoro puntuale e serio al servizio della cultura quanto mai pertinente per la chiara reinterpretazione di un’epoca politica nel paese. Sorrentino poteva riaprire l’ora del cinema civile che ha vissuto in Italia momenti di alto lignaggio ma evidentemente nel ciclo dei corsi,ricorsi questo non è un periodo maturo per farlo liberamente e il regista appare personalità non appropriata per ricominciare con autorevolezza. Troppe lacune e facilonerie l’hanno pervaso nell’affrontare la complessa figura di Silvio Berlusconi dall’angolazione sostanziale. L’uomo politico imprenditore negli anni configura una parabola dove il peso delle metamorfosi dà origine a variabili fondamentali nei suoi capitoli. Egli continua a trasformarsi,passando dal primordiale dirigismo egocentrico ad una formula di potere realmente trasversale che va molto al di là di una semplice rappresentatività parlamentare. Tutto ciò costruisce un influsso spesso impalpabile nelle trattative e nei consessi pubblici,questa sorta di alone metafisico sarebbe stato un vero filone da racconto moderno e totalmente cinematografico aiutando a capire i modelli scelti quanto le criticità di un paese. Il film non sa affrontare con coraggio la temibilità della maschera radicata,la sensibilità intima inquinata o il responsabile cinismo del principe. Risulterà il lavoro meno incisivo tra quelli che hanno affrontato le tematiche del personaggio. Preferisce divagare lanciando nel calderone fiction,stereotipi,luoghi comuni arcinoti,gossip consolidati che disegnano un’arma debole e pavida sulla cornice di storia estenuante lunga tre ore mai sostenuta da forti tensioni filmiche. Denota al contrario per riflesso il forte ascendente del Berlusconi trasversale su chi in fondo è stata una creatura formatasi nel marketing della sua galassia. Per autodeterminazione o semplicemente per mancanza di ispirata vena Sorrentino continua a preferire i giochi di prestigio barocchi nell’illusione fatua che qualcuno non certo al massimo dell’attenzione non scopra i trucchetti da imbonitore. Loro,mantiene costante le caratteristiche del regista spesso a disagio con l’articolata drammaturgia di scene,sequenze che non possiedono il respiro profondo della compiutezza significativa. In tal modo cerca di spostare l’occhio e la mente dello spettatore agitando una specie di cocktail ad effetto kitsch,videoclip che rigonfiano di surrealtà velleitaria i capitoli senza peraltro determinarvi un centro stilistico efficace,ma lasciano aperto il dubbio dell’uso strumentale per riempire il vuoto di contenuto. La spasmodica ricerca d’ingredienti aggressivi se non dopanti consolida le ricerche nei vasti assortimenti del copyright degli altri. Così alcuni editing nella pellicola richiamano a celebri format crime action in voga fin dagli anni novanta mantenendo aperto l’interrogativo tra subdola voglia di clone e pura citazione cinefila. Tutti i sospetti restano leciti da quando esibì per legittimare presunta originalità una malandrina,folgorazione copista in Youth – La Giovinezza,che sapeva di compito in classe sottratto a L’Insostenibile Leggerezza dell’Essere di Philip Kaufman,memoria classica del 1988,riadattando scene nella piscina termale tra nuotatrici suadenti al ritmo di danza e vecchi signori in panciolle. Il fragile linguaggio per immagini genera certamente una miriade di banalità per nulla sostenibili,ciò nonostante è niente al cospetto di dialoghi che definire ridicoli sarebbe un complimento. Vada per innocui aforismi da spirito di patata,eppure s’innalzano battute ricorrenti su dentiere,alito e detersivi per lavarle,non sono il lessico grottesco di una pubblicità progresso da cabaret ma il flusso di un’idea balzana,amatoriale,che sarebbe bandita anche al saggio di fine anno del teatrino di periferia.