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E se Virzì fosse il nuovo Kubrick ?
Propaganda e paradossi nelle opinioni che sostengono Il Capitale Umano
Tutti gli acuti di una commedia mediatica, una corsa grottesca alla piaggeria

A cura di FRANCO FERRI

Paolo Virzì sul set de Il Capitale Umano
Paolo Virzì sul set de Il Capitale Umano
L’eco di polemiche che sovrastano la stessa entità del film,tante opinioni a raffica utilissime come non mai per promuovere Il Capitale Umano di Paolo Virzì. Tutte in fondo stanno risultando efficaci,e guardando i risultati del box office possiamo dire che il buon successo dall’uscita travalica i meriti strettamente cinematografici del film. La struttura di marketing che appalta solitamente il lancio di una produzione,segue anche questi aspetti,innesca feedback artificiali,coinvolge occultamente involontari complici. Ancor meglio se la storia del film vorrebbe ergersi ad effigie attualizzante del particolare periodo socio politico italiano. Quando poi si prestano politici di opposto (presunto) schieramento nella corsa mediatica a dire almeno una sorta di banalità il gioco è fatto. Le opinioni balzane,bacchettone,tuttologhe di quelli che sempre più sono le vere,insuperabili marionette di un paese in crollo superano per autorità quelle degli effettivi primi attori,esperti in campo filmico; i critici. Il fatto preoccupante è che il pubblico comunque ipnotizzato dai discorsi da bar,è incline a leggerle,ascoltarle e seguirle. Tutti sembrano personaggi grotteschi usciti da un altro lavoro cinematografico del momento,American Hustle,incarnando un’esagerata voglia di emergere,far prevalere a dispetto del nulla evidente l’unico grande potere che li sostiene,quello delle sole intenzioni. Si è capito subito che Il Capitale Umano doveva apparire sotto l’area di un cono lucente in cui marketing e bontà del contenuto si identificassero,ma la storia obiettivamente è sommaria,poco interfacciata e smodatamente superficiale. Al Festival di Berlino 2014 non l’hanno accettato. La Repubblica,quotidiano notoriamente vicino agli interessi del cinema italiano,pubblica un articolo di Concita De Gregorio,non certamente un critico,che si può riassumere da questo passo. ” Film bellissimo,il migliore di VIrzì,potente,lieve,preciso. E' un congegno che funziona come l'ingranaggio di un orologio”. Non ci spiega i perché ma la frase è splendida,ottima per sponsor,da citare e pubblicare in mille mezzi pubblicitari.

Concita De Gregorio
Concita De Gregorio
Critici e opinionisti cinefili vengono relegati in secondo piano ma se la sono andata a cercare,del resto stanno attenti al Capitale investito e misurano circostanziate parole. Da Mereghetti,Rondi e Ferzetti c’è omogeneità di temi appiattiti su trama,considerazioni sociali ma nessuno trova il coraggio di un’analisi personale spiccatamente legata al linguaggio cinematografico. Un esempio tipico lo fornisce sul Giorno,Silvio Danese.“ C'è l'Italia i filibustieri della finanza che hanno scommesso sul fallimento del Paese,gli allocchi al seguito,gli adolescenti feriti,bruciati da quei genitori,se esistono accidenti ”. Non fa gran sforzo portando forse senza volerlo in sintesi gli stessi concetti che sottolineano il trailer del film. Poi ci sono quelli che danno un tocco al contributo meta filmico offrendo colore suggestivo quanto da sorriso. Scrive su La Gazzetta del Mezzogiorno,Oscar Iarussi,“ E’ un noir dalle sfumature sociali,con alcune misurate allusioni alla cronaca. Difficile,per esempio,non pensare a una più giovane «Veronica Lario» guardando ai tormenti della bravissima Valeria Bruni Tedeschi “. Alberto Crespi su L’Unità probabilmente dà il meglio di un’affabulante recensione non tanto nel presentare Il Capitale Umano come il ”Ritratto dell’Italia d’oggi”,facendo il testimonial “Andate a vederlo” ma quando paragona Virzì a Stanley Kubrick ,“ E’ un film notevole che ricorda nella struttura «Rapina a Mano Armata»”. Roberto Escobar sull’Espresso non ci sta troppo,pare usi un compromesso di fondo. Fa trasparire un certo allineamento favorevole al film,il magazine appartiene allo stesso gruppo de La Repubblica,poi svolta mettendo in risalto ancora la presenza di troppi elementi da commedia old style.“ La commedia è finita ? Perché la sceneggiatura più di una volta si affida a stereotipi che ripetono stancamente,e con volgarità,l'italica commedia di costume ? E soprattutto perché si è indotto il povero Bentivoglio a recitare come un Alberto Sordi redivivo,fuori tempo e inverosimile ? ” Tra le opinioni di tendenza libera (molto poche sull’argomento),quelle protese ad un’interpretazione efficace e di maggior verità sulla pellicola,registriamo ancora una volta Rolling Stone.” Qualche cliché sociologico,derive macchiettistiche e un certo moralismo di fondo,non mitigati né motivati dall'ironia agrodolce della commedia ”scriverà Matteo Columbo. Non è un film pro o contro la Brianza,non lancia invettiva contro i ricchi,non stabilisce l’immagine simbolica di un paese solo per il fatto che la scrittura e il linguaggio con il quale si racconta sono a corto raggio. Per essere espressivo ha bisogno del sostegno mediatico in definitiva  è quello stesso sistema,inteso a intreccio di politica e denaro,che si vorrebbe messo all’indice a sorreggerlo. Dopo la propaganda,siamo certi,nei prossimi tempi arriveranno premi e riconoscimenti a sublimazione del solito teatrino da Italietta sempre riverente a casta e raccomandati.
19 gennaio 2014