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Birdman, il prestigio vale più della popolarità
Lo straordinario film di Iñárritu è un volo dentro la dimensione del presente
Si parla di uomini,attori e critici in errore, che come nella finzione perseverano

A cura di FRANCO FERRI

Michael Keaton, Edward Norton in 'Birdman'
Michael Keaton, Edward Norton in 'Birdman'
Il palco e i camerini sono l’esclusivo storyboard all’interno del mitico St James's Theatre a New York nel quale si esprime tutta l’energia di Birdman. Diverrà la casa di una sontuosa esperienza recitativa che Iñárritu ha voluto mettere in scena per estrarre da quelle performance il tocco vibrante,a volte impalpabile,della sensibilità attuale. La pièce in costruzione,scritta da Raymond Carver sessant’anni prima,intersecherà segmenti di vissuto trasformandosi nel perfetto apologo del 21°secolo. Nei duetti tra Michael Keaton e Edward Norton si insegue la magia della perfezione ma la rivalità o la detestabile appariscenza delle loro esperienze intreccia la sofferta voglia di non arrendersi,assecondando nei fatti il progetto che costruisce la verità. Non ci dimenticheremo i primi piani nervosi,avvolgenti degli stessi con Emma Stone e Naomi Watts,irrequiete al tempo stesso in splendida sincronia con il diaframma che carpisce la linea sottile tra esistenza e finzione. Si parla di attori,costoro sono innegabilmente legati al procedere delle proprie vite quando queste hanno cancellato l’immagine del successo di una volta. C’è autobiografia di Michael Keaton nella costruzione di Riggan,egli deve comprendere che la fama non serve,e se vuol ricostruire l’io fare conoscenza con la dimensione del prestigio,aspetto ben diverso dall’abbagliante popolarità. Tuttavia l’ex star resta presuntuosamente arroccata e rimane indietro rispetto all’evolversi ma,”Oggi si vince solo stando sui social network ”ci suggerisce Cristina Piccino del Manifesto che continua così,” Però la sua camminata in mutande per le strade di New York conquista ottantamila followers”. Questa sequenza di straordinario impatto simbolico per valore psicanalitico,ovvero l’uscita dal grembo (teatro) per immedesimarsi nell’habitat (esterno) e l’incubo inaspettato del denudarsi in pubblico che riporta ad un nuovo inizio (archetipo celebrato anche da Stanley Kubrick),risulterà fondamentale nell’osmosi tematica quanto sui risvolti semantici di meta racconto.

Peter Travers
Peter Travers
Purtroppo un grande e autorevole quotidiano come Il Corriere della Sera fa una svista macroscopica,per opinione del suo critico Paolo Mereghetti,scambiando la sopracitata per semplice,“Divagazione sociologica di un cinema che sembra stordire lo spettatore piuttosto che dialogare con lui”. La comunicazione dell’autore invece fila ad alti livelli nel ritratto di questo spazio teatrale che rivelerà oggettività contemporanee trasmutate con linguaggio da cinema. Eppure anche altri si ostinano a seguire schemi epidermici. Franco Colombo de L’Eco di Bergamo suggerisce pigramente “Taglio decisamente teatrale del film,non c’é l'emozione che ci aspettavamo”,per non parlare di chi sottovaluta Alejandro González Iñárritu con originale tesi geo-artistica.“Lontano dal Messico,terra di frontiera,dai suoi umori,miti,violenze,magie,lnarritu appare più algido e avvitato,la supposta densità filosofica non si eleva a sincero slancio”. Le parole di Daniela Ceselli (Left) sono un non sense perché il regista messicano ha realizzato nel suo paese all’esordio solo un lungometraggio,Amores Perros (2000). Da allora è andato in crescendo fino ad oggi,con un capolavoro senza confini che consegna una pietra miliare al cinema del messaggio universale. Alessandra Levantesi Kezich afferma su La Stampa,” Il film é una satira di Hollywood e del cinema degli effetti speciali”,ma non sapremo mai se il giudizio è stato scambiato con quello di un altro film oppure se l’opinionista abbia mai visto Birdman. Il mondo dei critici pare incartapecorito come le ingiallite pagine dei suoi giornali,non sa più cogliere la novità,rimane fermo su posizioni preconcette e ricche solo di etichette convenzionali che escludono la capacità di approfondire,scavare temi. Sono anch’essi attori ai quali il pubblico richiede sempre obiettività e la pellicola opportunamente se ne occupa assegnando ai protagonisti dei media un ritratto al vetriolo che elabora il dubbio di chi non sa rischiare e capire le intenzioni dell’arte. Quando Riggan se la prende con la donna che giudica lavori senza vederli,fa un’accusa circostanziata ad una categoria intera senza più stimoli agitata unicamente da potere di casta. Ciò farà presa ! Mariarosa Mancuso (Il Foglio) parla di “insulto ai critici” ma costoro dovranno fare ammenda senza sconti al rinnovamento della cultura dettato dall’”imprevedibile virtù dell’ignoranza”. Siamo in un periodo di mutazioni e questa strana,ipnotica virtù nata dalla coscienza colpisce Melania Mazzucco su La Repubblica che dice.“In un mondo che cambia radicalmente muta faccia anche l’inconscio collettivo”. Parafrasando Tom Stoppard ipotizza che ”Si può amare Dante senza conoscere la filosofia tomistica e un film di Tarantino senza aver mai visto una delle pellicole pulp che genialmente reinventa”. Insomma viva il volto dell’ignoranza sapiente, ma il timbro definitivo a Birdman viene impresso dal prestigioso Rolling Stone,”Film che nessun amante del cinema vero oserebbe perdere”.Così parlò Peter Travers.
20 febbraio 2015